Un cappello pieno di ciliege

«La vigilia della catastrofe [l’11 settembre 2001] pensavo a ben altro: lavoravo al romanzo che chiamo il-mio-bambino. […] Un bambino molto difficile, molto esigente, la cui gravidanza è durata gran parte della mia vita d’adulta, il cui parto è incominciato grazie alla malattia che mi ucciderà, e il cui primo vagito si udrà non so quando. Forse quando sarò morta.»
Oriana Fallaci, La Rabbia e l’Orgoglio

«Ora che il futuro s’era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l’inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d’estate costituiva il mio Io.»

Così comin¬cia questa straordinaria epopea della famiglia di Oriana Fallaci, una saga che copre gli anni dal 1773 al 1889, con incursioni nel passato (tra un’antenata leggendaria messa al rogo dall’Inquisizione per aver cucinato carne in Quaresima e un avo rapito dai pirati di Algeri) e in un futuro che precipita verso il bombardamento di Firenze del 1944, nel quale andrà distrutta anche la cassapanca con i ci¬meli delle generazioni di Fallaci, Launaro, Cantini, Ferrier…

È una storia dell’Italia rivoluzionaria di Napoleone, Mazzini, Garibaldi, Vittorio Emanuele II attraverso le avventure di uomini come Carlo che voleva piantare viti e olivi nella Virginia di Thomas Jefferson, Francesco marinaio, negriero e padre disperato, Giovanni assassino mancato del traditore Carlo Alberto, Giobatta sfigurato nel volto e nell’anima da un razzo austriaco durante la battaglia di Curtatone e Montanara; e donne indomite come la Caterina che alla fiera di Rosìa indossa un cappello pieno di ciliege per farsi ri¬conoscere dal futuro sposo Carlo Fallaci, o come una bisnonna paterna di Oriana, Anastasìa, figlia illegittima, ragazza madre, pioniera nel Far West e forse tenutaria di un bordello a San Francisco.

È il racconto di destini intrecciati e sommamen¬te romanzeschi: la figlia segreta di un Grande di Spagna s’imbarca a Barcellona su un veliero dane¬se diretto a Genova e incontra un nostromo livor¬nese fino a quel momento misogino; un ex soldato di Napoleone, vetturale e carbonaro in incognito, accompagna la cognata sarta a Lucca e i ritardi e il maltempo lo spingono a passare con lei la notte in una locanda; un emissario della sventurata rivolu¬zione polacca affitta una camera, a Torino, presso un calvinista che i cattolicissimi polacchi li detesta fino a taglieggiarli, e soprattutto ha una figlia qua¬si in età da marito.

Sono solo alcuni degli eventi che – catalizzati da quel «sentimento misterioso, inspiegabile, imprevedibile, incontrollabile, cieco, e spesso inopportuno, che chiamiamo Amore» – concorrono a formare il patrimonio genetico di Oriana. Dopo anni di ricerche, l’autrice ha visto la cronaca familiare trasformarsi in «una fiaba da ricostruire con la fantasia»: «la realtà prese a sci¬volare nell’immaginazione e il vero si unì all’in¬ventabile poi all’inventato… E tutti quei nonni, nonne, bisnonni, bisnonne, trisnonni, trisnonne, arcavoli e arcavole, insomma tutti quei miei geni¬tori, diventarono miei figli. Perché stavolta ero io a partorire loro, a dargli anzi ridargli la vita che essi avevano dato a me».

Un cappello pieno di ciliege
Oriana Fallaci
Editore: Rizzoli. Collana: Opere di Oriana Fallaci
2008, 864 pp., 25 euro

Quinews

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