Lavoratori stranieri, un’esecuzione ogni tre giorni
Il grido d’allarme arriva da Amnesty International. Secondo un nuovo rapporto diffuso oggi, “le autorità dell’Arabia Saudita mettono a morte, in media, più di due persone a settimana”. Secondo il rapporto “quasi la metà delle esecuzioni – e si tratta di una percentuale sproporzionata in rapporto alla popolazione locale – riguarda cittadini stranieri provenienti da paesi poveri e in via di sviluppo”.
“La pena di morte in Arabia Saudita – per Amnesty International – è applicata in modo sproporzionato e discriminatorio nei confronti di persone povere, tanto lavoratori stranieri quanto cittadini sauditi che non hanno relazioni familiari o altre conoscenze che potrebbero salvarli dall’esecuzione. Alto é anche il tasso di esecuzione di donne e il mettere a morte, in violazione del diritto internazionale, persone minorenni al momento del reato”.
La percentuale dei lavoratori stranieri tra i giustiziati è rilevante e cinicamente si potrebbe ipotizzare l’utilizzo della pena di morte come metodo per il controllo dell’immigrazione o del lavoratore straniero.
In realtà, è più facile finire sulla sedia elettrica negli Stati Uniti, a parità di reato, se non si appartiene alla razza dei bianchi, così in Arabia Saudita se si è lavoratori immigrati.
Noi occidentali abbiamo condannato le esecuzioni per lapidazione compiute dai talebani negli stadi in Afganistan al punto da ritenerci legittimati a sopprimere quella società crudele, ma dimentichiamo molto spesso le atrocità delle nostre democrazie e dei sistemi che si dicono “amici”.