Travaglio: “Fini e gli house organ di Berlusconi così parlavano di Obama”
“Sara Palin l’abbiamo scoperta noi” si vantava Giuliano Ferrara. E’ stata la svolta, per Obama. Lì si è capito che McCain era spacciato. Ma anche quando, il 7 marzo Fini annunciò al mondo che “gli Usa non sono ancora pronti per un presidente nero”. O quando, più di recente, scesero in campo i leghisti Castelli (“McCain è una garanzia per la difesa della civiltà cristiana sotto attacco dei musulmani”) e Cota (“John offre maggiore sicurezza contro l’Islam”), nonché il suo stratega Gasparri (“Se vince Obama, prenderei le distanze della Casa Bianca”).
Ma il meglio l’hanno offerto gli house organ di Berlusconi, che un mese fa passeggiava mano nella mano con l’amico Bush (“sei un grande, passerai alla Storia”), mentre persino McCain pregava il presidente più odiato del secolo di non farsi vedere dalle sue parti.. Il Foglio ci ha lasciato pagine memorabili e titoli di alta poesia: “Ed è subito Sarah”, “Vi farete governare da Obama”. Sotto, le meglio firme del bigoncio si esercitavano nell’arte dell’oracolo. Christian Rocca: “La Palin è un Obama al quadrato”, donna “dall’appeal a tratti profetico e messianico”, un incrocio fra “Bob Dylan e Erin Brockovich” come pure il presunto gemello Barak, “Pare lei la candidata presidente e McCain il suo vice”. E Obama? Per l’esperto Rocca, era il “candidato perfetto per una serie televisiva”, “elitario, intellettuale, troppo di sinistra e incapace di connettersi con il paese”, una “bolla che potrebbe sgonfiarsi rapidamente” visto che “da mesi viene rifiutato dalla working class del suo stesso partito, da poveri, ispanici, cattolici, anziani, donne, ebrei e da qualsiasi categoria sociale e razziale cui non appartengono afroamericani, studenti, intellettuali, miliardari, divi di Hollywood e fighetti”. E queste – si badi bene – “non sono opinioni”. Tiè. Resta da capire chi abbia votato per Obama (all’insaputa di rocca fra l’altro). Dal Foglio al Giornale, di bene in meglio. Mauro della Porta Rafo, il ‘gran pignolo’ che fa le pulci e ci azzecca sempre, con gli oracoli se la cava un po’ meno: “Vincerà McCain”. E Paolo Granzotto in estasi: “Il vecchio eroe sbaraglierà il giovane vagheggino… La Palin trascinerà McCain alla vittoria”, anche per via della “veltronizzazione del damerino Obama: con Veltroni si sa, si va diritti alla sconfitta”. Mario Giordano, altro rabdomante, vaticinava fin dai titoli: “Ecco perché la strana coppia McCain-Palin può arrivare alla Casa Bianca”. E imbeccava i lettori rassegnati al peggio: “Ma lei è così sicuro che vincerà Obama? Io ho qualche dubbio”. Subito avvertito a Chicago, Barak faceva i debiti scongiuri. Anche perché, ad allarmarlo viepiù, c’erano gli editoriali di Maria Giovanni Maglie, che ha coi dati lo stesso rapporto mostrato a suo tempo con le note spese Rai… non ci poteva proprio credere che gli americani votassero per “quell’estremista inesperto e poco capace”, “contrario infantilmente alle centrali nucleari”, che “ritirerebbe incoscientemente le truppe dall’Irak” e “rappresenta solo una fetta minoritaria di radicali” e “gli elettori democratici sono i primi a dubitarne”. E’ quanto scrive il giornalista Marco Travaglio sul quotidiano ‘l’Unità’, nella rubrica ‘Appunti di memoria’, in un articolo dal titolo: “Erano sicuri: vince McCain. I profeti, da Fini a Granzotto”.