Ecco la legge sul Testamento biologico secondo la Chiesa
“Il testamento biologico come punto di equilibrio tra il principio costituzionale dell’autodeterminazione e quello della difesa della vita. Il disegno di legge concepito per uscire dall’impasse del «caso Eluana» è composto da 25 articoli e verrà presentato a Montecitorio nei prossimi giorni. Si propone di compattare i cattolici di maggioranza e d’opposizione e di convincere della propria ragionevolezza le componenti laiche dei due schieramenti. Il primo firmatario è Rocco Buttiglione, vicepresidente Udc della Camera e membro della Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, che in questo modo prosegue anche sul terreno dei temi eticamente sensibili l’offensiva lanciata a Loreto dal suo partito”. Ne dà notizia il quotidiano ‘La Stampa’ di oggi, in un articolo a firma di Giacomo Galeazzi.
“Il testo – scrive ‘La Stampa’ – redatto in collaborazione con teologi e bioeticisti, è stato visionato nei Sacri Palazzi e valutato «non in contrasto» con il Magistero. In particolare, appare in grado di superare la finora irrisolta spaccatura tra laici e credenti sulla questione dell’alimentazione e dell’idratazione parenterali. Se la proposta verrà approvata in Parlamento, in Italia si potrà rifiutare per iscritto l’intervento chirurgico con cui viene inserita la cannula che fornisce cibo e acqua. Una volta impiantata non potrà essere più interrotto il sostegno vitale ad eccezione di infezioni in corso. Il primo articolo del ddl «tutela la vita umana fino alla morte naturale», riconosce «la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della società», ma garantisce anche «la partecipazione del paziente a identificare le cure mediche per sé più appropriate» e promuove «la diffusione delle cure palliative garantendone l’accesso». In pratica, ogni cittadino sarà autorizzato a scrivere un documento con le indicazioni anticipate di trattamento”.
“Quando, poi, verrà ricoverato – precisa l’articolo de ‘La Stampa’ – queste dichiarazioni dovranno essere registrate dal medico al quale spetta il compito di certificare che tali indicazioni preventive non contrastano con la legge e con la sua etica professionale. Il testamento biologico non può prevedere la richiesta di eutanasia («anche attraverso condotte omissive») ed è vietata «ogni forma di assistenza o di aiuto al suicidio». Il documento, però, può contenere il rifiuto di cure sproporzionate, troppo invasive rispetto alle prospettive di recupero e di successo della terapia. Inoltre (e questa era una delle parti più «sotto osservazione» in Vaticano, soprattutto alla Congregazione per la Dottrina della Fede e alla Cei) il disegno di legge stabilisce che se nell’attuare il trattamento contro il dolore e nell’accompagnare al «fine vita» il paziente, il medico provoca o accelera il decesso non commette omicidio ma ha fatto il suo dovere”.
“Si potrà rifiutare – continua l’articolo di Giacomo Galeazzi – appunto, l’inserimento con atto chirurgico della cannula per essere idratati e alimentati, ma una volta messa non potrà essere tolta salvo infezioni. Quindi, Piergiorgio Welby avrebbe potuto rifiutare i macchinari che lo tenevano in vita. Il paziente, nell’indicare le cure, potrà indicare un fiduciario e dargli le istruzioni in caso non potesse più decidere in proprio. Però, il rifiuto di una terapia salvavita è un «atto personalissimo che non può in nessun caso essere delegato». Il passaggio che ha richiesto maggiore cautela è quello ispirato dal caso Eluana. «Sono trattamenti terapeutici gli atti chirurgici diretti a rendere possibile l’uso di ausili tecnici per svolgere le funzioni tipiche della vita – recita l’articolo 4 -. Non costituisce terapia ma assistenza e cura della persona l’uso di tali ausili e in particolare di quelli che consentono l’alimentazione e l’idratazione». Stop all’accanimento terapeutico: «Il medico deve astenersi da terapie non proporzionate e non efficaci rispetto alle condizioni cliniche del paziente e agli obiettivi di cura». No a «una sopravvivenza più gravosa in condizioni di morte prevista come imminente, anche se così si accelera il decesso del paziente»”.