Italia, come va?
Il PIL dell’Italia è diminuito dell’1,6% nel secondo trimestre del 2008, ed è caduto del 2,0 nel terzo, riflettendo un forte calo degli investimenti delle imprese, una flessione delle esportazioni, una stagnazione dei consumi delle famiglie.
Il peggioramento congiunturale si è accentuato negli ultimi mesi del 2008: si stima che nella media del quarto trimestre l’indice della produzione industriale, corretto per il numero di giorni lavorativi e per i fattori stagionali, sia disceso di circa il 6 %.
La fiducia delle imprese è scesa ai livelli minimi nel confronto storico; recenti sondaggi congiunturali prefigurano la prosecuzione della fase di debolezza dell’attività di investimento nell’anno in corso, in un contesto di diffuso pessimismo sulle prospettive della domanda.
L’occupazione, in crescita da oltre dieci anni, ha subito una battuta d’arresto nel terzo trimestre dell’anno scorso; si è intensificato nello scorcio del 2008 il ricorso alla Cassa integrazione (Cig.)
Nel 2008 il fabbisogno e l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche sono tornati a crescere; l’aumento rispetto al 2007 è valutabile in circa +1% del PIL.
Maggiore l’incidenza del debito sul prodotto.
Le entrate tributarie sono rimaste sostanzialmente invariate.
Gli effetti sui conti pubblici del peggioramento del quadro congiunturale sono destinati a manifestarsi più fortemente nell’anno in corso.
La manovra di bilancio per gli anni 2009-2011, approvata dal Parlamento nel corso dell’estate, è stata integrata, senza modifiche significative ai saldi programmati, con la legge finanziaria per il 2009, approvata dal Parlamento in dicembre, e con il decreto legge di sostegno all’economia varato dal Governo alla fine di novembre. Il decreto reperisce risorse per 5,6 miliardi nel 2009 e le impiega per sostenere le famiglie con redditi bassi, per ridurre il prelievo fiscale sulle imprese e per stimolare l’attività di investimento.
Si prevede un proseguimento nell’anno in corso della fase recessiva in atto; il prodotto riprenderebbe a espandersi, seppur di poco, solo nel 2010, beneficiando ( se ci sarà) di una ripresa degli scambi internazionali. Tenendo conto delle misure di sostegno alla domanda decise dal Governo, il PIL avrà un – 2,0% nel 2009, per poi avere un + 0,5% nel 2010.
La dinamica del prodotto potrebbe essere ancora più negativa se prendessero corpo i rischi di un ulteriore indebolimento dell’economia mondiale.
La fonte di questa non rosea analisi e conseguente prospettiva è Banca d’Italia, si avverte una velata polemica sull’oggettiva insufficienza delle manovre finanziarie del governo.Richiedere in questa fase eccezionalmente avversa, delle politiche economiche che mettano in atto ogni possibile iniziativa per attenuare ed abbreviare la recessione, purché non venga compromessa la sostenibilità nel medio e lungo periodo delle finanze pubbliche dovrebbe essere la strada maestra.
Senza una diversa ridistribuzione del reddito, controllo della spesa pubblica, e riorganizzazione del lavoro la prospettiva di riattivare il processo di crescita dell’economia è un compito arduo, e tutto ciò verrebbe vanificato se vincessero le spinte protezionistiche nei Paesi trainanti dell’economia mondiale.
Tutto è nato con la crisi dell’estate del 2007 nel mercato dei mutui immobiliari americani, dopo essersi rapidamente estesa a ogni comparto della finanza e a tutto il mondo, ha colpito negli ultimi mesi l’economia reale, influenzando le scelte di consumo, investimento e produzione. La dinamica del prodotto nelle principali economie si è fortemente deteriorata; risentono ora della crisi anche i paesi emergenti.
Ancora non voglio dire che alla base vi è stata la scelta di Bush di uno sviluppo politico volta all’emancipazione economica dell’elettore americano che divenendo “proprietario” pur appartenendo ad una condizione economica non adeguata veniva investito da problematiche diverse che nei bisogni lo avvicinavano al sentire del partito del Presidente Bush, una scelta politica che aveva dato i suoi frutti con la Thatcher e con Reagan, ma che in questi anni è stata esasperata nei numeri dei soggetti coinvolti e dalla cupidigia dei banchieri coinvolti, prestati ad una “rivoluzione” dei proprietari non senza interessi economici rilevanti.
A questo punto come si potesse pensare di uscirne indenni se allo stesso tempo la politica economica tendeva ad accentramenti di ricchezza e non ad una ridistribuzione tale da permettere un equilibrio nel saldo dei mutui? In questi giorni a gran voce si invocano nuove regole, valide per tutti, e la ristrutturazione di quegli organismi internazionali preposti ad un certo controllo, ma in sintesi sembra un tentativo dei “soliti noti” in modo gattopardesco di cambiare per non cambiare nulla e continuare a far soldi sulla pelle del parco buoi.