Mezzogiorno d’Italia “territorio arretrato”
L’Intervento d’apertura del Governatore della Banca d’Italia Mario Draghi del convegno “Il Mezzogiorno e la politica economica dell’Italia” tenutosi a Palazzo Koch a Roma, alla presenza del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, analizza e pone alcune riflessioni sulla realtà del mezzogiorno:
«Alla radice dei problemi del Sud stanno la carenza di fiducia tra cittadini e tra cittadini e istituzioni, la scarsa attenzione prestata al rispetto delle norme, l’insufficiente controllo esercitato dagli elettori nei confronti degli amministratori eletti, il debole spirito di cooperazione: è carente quello che viene definito “capitale
sociale”. Questi elementi richiedono una maggiore attenzione da parte di economisti
e statistici. Accurate informazioni quantitative su questi fenomeni, sulla loro
evoluzione nel tempo, sono essenziali per valutare quali innovazioni, anche
istituzionali, siano in grado di modificare lo stato delle cose».«Abbiamo tutti bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno.
Da lungo tempo i risultati economici del Mezzogiorno d’Italia sono deludenti.
Il divario di PIL pro capite rispetto al Centro Nord è rimasto sostanzialmente
immutato per trent’anni: nel 2008 era pari a circa quaranta punti percentuali.
Il Sud, in cui vive un terzo degli italiani, produce un quarto del prodotto nazionale lordo;
rimane il territorio arretrato più esteso e più popoloso dell’area dell’euro.
Il processo di cambiamento è troppo lento. Mentre le altre regioni europee in
ritardo di sviluppo tendono a convergere verso la media dell’area, il Mezzogiorno
non recupera terreno. I flussi migratori verso il Centro Nord sono di nuovo ingenti,
coinvolgono molti giovani anche con elevati livelli di scolarizzazione, impoveriscono
il capitale umano del Sud. Il tasso di attività nel mercato del lavoro resta tra i più
bassi d’Europa, soprattutto per i giovani e per le donne. Un quinto del lavoro è ancora
irregolare, più del doppio che nel Centro Nord, che pure presenta valori superiori a
quelli di Francia, Germania e Regno Unito.
L’integrazione del Mezzogiorno nel sistema economico internazionale è
modesta; da questa area, escludendo la raffinazione dei prodotti petroliferi, viene
meno di un decimo delle esportazioni italiane. La crisi internazionale ha quindi
trasmesso i suoi impulsi soprattutto attraverso la catena di subfornitura che si origina
dalle imprese del Centro Nord; anche al Sud si sono allungati molto i termini di
pagamento, sono peggiorate le condizioni di accesso al credito.
Nel 2008 la contrazione del PIL meridionale è stata più severa di quella del
Centro Nord: -1,4 contro -0,9 per cento. Nel secondo trimestre del 2009
l’occupazione è calata nel Mezzogiorno del 4,1 per cento rispetto all’anno
precedente; nel Centro Nord è scesa dello 0,6 per cento. Il divario riflette anche la
minore tutela offerta in concreto dalla Cassa integrazione guadagni al Sud a causa
della differente struttura produttiva. Il Mezzogiorno sconta la debolezza della sua
economia.
Il divario tra il Sud e il Centro Nord nei servizi essenziali per i cittadini e le
imprese rimane ampio. Le analisi che presentiamo oggi rivelano scarti allarmanti di
qualità fra Centro Nord e Mezzogiorno nell’istruzione, nella giustizia civile, nella
sanità, negli asili, nell’assistenza sociale, nel trasporto locale, nella gestione dei
rifiuti, nella distribuzione idrica. In più casi – emblematico è quello della sanità – il
divario deriva chiaramente dalla minore efficienza del servizio reso, non da una
carenza di spesa. Svolgere un’attività produttiva in Italia è spesso più difficile che
altrove, anche per la minore efficacia della Pubblica amministrazione; nel
Mezzogiorno queste difficoltà si accentuano.
Grava su ampie parti del nostro Sud il peso della criminalità organizzata. Essa
infiltra le pubbliche amministrazioni, inquina la fiducia fra i cittadini, ostacola il
funzionamento del libero mercato concorrenziale, accresce i costi della vita
economica e civile.»