Disoccupazione UE: 7,5 milioni a fine 2010
La peggiore recessione del dopoguerra ha già spazzato via più di 4 milioni di posti di lavoro creati in Europa nell’ultimo decennio. E con il constante aumento della disoccupazione tale cifra è destinata a raggiungere i 7,5 milioni entro la fine del 2010.
I dati avrebbero potuto essere ben peggiori secondo una relazione pubblicata dalla Commissione europea, dove si asserisce che l’aumento dei disoccupati non ha seguito in modo proporzionale il calo della produzione grazie alle misure adottate dai singoli paesi ed al sostegno finanziario offerto dall’UE l’impatto della crisi sul mercato del lavoro è stato attutito.
Quando la crisi economica si è fatta sentire in Europa, la maggior parte dei paesi sono intervenuti per prevenire forti esuberi. Alcuni hanno esteso i sistemi previdenziali per includervi nuove categorie di senza lavoro ed hanno preso provvedimenti per contenere i salari, specie quelli dei dipendenti pubblici. E molti hanno aumentato il sostegno finanziario a programmi che incoraggiano le imprese a ridurre l’orario di lavoro per evitare licenziamenti.
Stando alla relazione, tali misure hanno consentito di salvare decine di migliaia di posti di lavoro. Si tratta comunque di misure di carattere temporaneo. Ora che l’economia sta dando segnali di ripresa, la Commissione avverte che potrebbero pregiudicare la crescita economica e prolungare la disoccupazione.
I paesi con le economie più forti dovrebbero iniziare a ridurre i sussidi ed altri strumenti di protezione dei lavoratori ed avviare riforme a lungo termine per rendere i mercati del lavoro più flessibili e sicuri.
I paesi con prospettive meno brillanti, in particolare quelli che per sostenere le loro economie hanno fatto lievitare i propri disavanzi di bilancio, devono passare dalla protezione alla creazione di posti di lavoro, per evitare che i disoccupati restino inattivi per troppo tempo. Con la ripresa dell’economia, i paesi dell’UE dovranno revocare gradualmente i provvedimenti adottati per far fronte alla crisi. Resta da stabilire quando.