Protezione Civile s.p.a.

La Protezione Civile tra poco tempo dovrebbe abbandonare il bozzolo per diventare una società per azioni, in base al decreto legge 195/2009 che all’art. 16 dice: “Al fine di garantire economicità e tempestività agli interventi del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, per lo svolgimento delle funzioni strumentali del medesimo Dipartimento e’ costituita una società per azioni d’interesse nazionale, denominata: «Protezione civile servizi s.p.a.», con sede in Roma.
In base allo statuto la proprietà del capitale sociale sarà esclusiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri con il divieto esplicito di cedere le azioni o di costituire su di esse diritti a favore di terzi; e quindi con il divieto di chiedere la quotazione in borsa o al mercato ristretto, ma la nomina dell’intero Consiglio di amministrazione sarà onere del Presidente del Consiglio dei Ministri, seppure su proposta del Segretario generale della Presidenza del Consiglio dei Ministri e del Capo del Dipartimento della protezione civile.
A questo punto diventa interessante capire che lo statuto predisposto dal Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri che disciplina il funzionamento interno della Società prevede l’obbligo dell’esercizio dell’attività’ societaria in maniera prevalente in favore del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei Ministri, ma non esclusiva; e soprattutto gli utili netti della Società è scritto “sono destinati a riserva, se non altrimenti determinato dall’organo amministrativo della società previa autorizzazione del soggetto vigilante”; è anche scritto che il controllo è successivo: “La Società e’ sottoposta al controllo successivo sulla gestione da parte della Corte dei conti ai sensi della legge 14 gennaio 1994, n. 20, e successive modificazioni.
I dubbi sulla trasformazione della Protezione Civile in s.p.a. in strumento diretto della Presidenza del Consiglio dei Ministri con la privatizzazione di un servizio pubblico essenziale per l’Italia sono sempre più forti, soprattutto se si ha la sensazione di strumenti di controllo meno presenti in un settore che ogni anno gestisce centinaia di milioni. Non sempre la maggiore efficienza aziendale si sposa con la più democratica trasparenza.

Carmelo Sorbera

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