La crisi c’è già, si avvicina il voto
La crisi c’è già. E’ nei fatti. I diretti interessati – Fini e Berlusconi in primis – non lo dicono apertamente ma tutto lascia supporre che l’evoluzione della situazione – soprattutto dopo le parole del presidente della Camera da Mirabello e il vertice notturno di Arcore tra il premier e il leader della Lega – non può che portare alla crisi di governo.
La richiesta di dimissioni di Fini dallo scranno più alto di Montecitorio che Berlusconi, insieme a Bossi, vuole formulare direttamente al presidente della Repubblica la dice lunga sul clima che si respira all’interno di ciò che resta della maggioranza.
La resa dei conti è, infatti, partita da tempo e gli ultimi avvenimenti sono solo tatticismi, piccole stratagemmi, che hanno un solo obiettivo: farsi del male vicendevolmente, al fine di accelerare un processo che ha come via d’uscita solo la fine di questa esperienza di governo.
L’interrogativo resta il dopo. Cosa succederà? Si andrà al voto? Si darà vita ad un governo tecnico, di unità o di emergenza nazionale, per cambiare la legge elettorale e affrontare la crisi? Lo deciderà, Costituzione alla mano, il presidente della Repubblica, che avvierà le consultazioni e deciderà sul da farsi, nell’interesse generale del Paese.
Lo scenario politico è infuocato, tutto lascia pensare al voto come soluzione finale. Novembre o marzo le date più probabili. Le elezioni le vuole Bossi, non le disdegna Berlusconi, che non vede l’ora di far piazza pulita dei finiani e non dispiacciono, per le ragioni opposte a quelle di Berlusconi, a parte dei finiani. L’opposizione parlamentare, Pd, IdV e UdC sopratutto, intanto sta sull’uscio. Non si pronuncia. Attende. Cosa? Ciò che deciderà Napolitano, il quale però ha bisogno delle dimissioni del premier prima di poter valutare.