Venere e Marte, restauro da “cuoio capelluto” di Premier
“Il restauro costituisce il momento metodologico del riconoscimento dell’opera d’arte, nella sua consistenza fisica e nella sua duplice polarità estetica e storica, in vista della sua trasmissione al futuro” Cesari Brandi.
Il celebre gruppo marmoreo prelevato dalla Presidenza del Consiglio da più di un anno dal Museo delle Terme di Diocleziano e trasferito a Palazzo Chigi è stato oggetto di un restauro: mano e pene «aggiunti» alle due statue che non li avevano più.
Inutile interloquire con gli artefici del restauro delle statue di Venere e Marte, oggi a Palazzo Chigi, perché l’opera d’arte come prodotto dell’attività umana pone una duplice istanza: l’istanza estetica che corrisponde al fatto basilare dell’artisticità per cui l’opera è opera d’arte; l’istanza storica che le compete come prodotto umano attuato in un certo tempo e luogo.
Il ripristino delle parti e la loro non discontinuità evidente è una squallida presunzione seppur documentata.
Inutile interloquire con gli artefici del restauro miseri esecutori di un’estetica da “cuoio capelluto” dell’attuale Premier occupante Palazzo Chigi: “ripristino delle parti mancanti per un’immagine difforme ed atemporale la cui evidente distorsione vanifica la verità storica in una fissità effimera”.