Diliberto e il patto democratico: i sì e i no dell’IdV
In vista del 14 dicembre, giorno in cui si decide la sorte del governo Berlusconi, tutte le forze politiche si interrogano sul che fare nel prossimo futuro. Che, in tanti, giurano essere dietro l’angolo. In caso di sfiducia e, Napolitano permettendo, in caso di ricorso anticipato alle urne, quali saranno gli schieramenti che si presenteranno agli italiani?
Se abbastanza limpide, e insanabili, appaiono la lacerazioni all’interno del Pdl, con Fini in libera uscita, sempre più distante da Berlusconi e vicino più che mai a dare vita, assieme a Casini e Rutelli, al Terzo Polo, non ancora chiara è la situazione all’interno del centro-sinistra. Con chi si alleerà il Pd? Con il Terzo Polo? Oppure darà vita, con IdV, Sel e la Federazione della sinistra (Rifondazione + Comunisti Italiani), ad una versione aggiornata e corretta della fu ‘Unione’ di Romano Prodi?
La sinistra che sta fuori dal Parlamento, e che ha tutto l’interesse a rientrarvi, forte dei sondaggi che, se pur magri, la danno comunque ‘decisiva’ per la vittoria finale sul Pdl, gioca d’anticipo e lancia una proposta a Bersani, Di Pietro e Vendola: sigliamo un ‘patto democratico’. “Noi – ha detto Oliviero Diliberto, portavoce nazionale della FdS – vogliamo contribuire alla sconfitta di Berlusconi, e una volta vinte le elezioni, vogliamo impedire che Berlusconi torni al potere, attraverso la predisposizione di leggi di legalità e di democrazia (conflitto di interessi in primis) e per questo lanciamo a Pd, IdV e Sel la proposta di un accordo per la democrazia”.
Positivo il giudizio dell’europarlamentare dell’IdV Luigi De Magistris alla proposta di Diliberto. “La strada – ha detto De Magistris a quinews – è quella di un’alternativa politica, e non solo politica, che va costruita con Pd, Idv, Sel e FdS. E, se possibile, anche con una forte apertura verso tutta quella parte che sta partecipando alla politica senza riconoscersi in nessun partito. Questo è uno schieramento che ha le basi per presentare un’alternativa politica, morale e culturale al Paese. Ma la scelta più delicata e importante ce l’ha il Pd. Perché deve decidere se far parte di uno schieramento che possiamo chiamare come vogliamo – le formule si possono decidere tutti insieme – o se andare addirittura con il Terzo Polo o proponendo una sorta di megacoalizione che, per quanto mi riguarda, è totalmente fallimentare. Sotto un duplice profilo: primo, perché non è detto che vinca e, secondo, perché metterebbe Berlusconi nelle condizioni ideali, e cioè dell’uno contro tutti, in una sorta di fortino assediato. Questo schieramento così ampio – che va da Fini fino a Vendola, passando per Casini, Di Pietro e Bersani e quant’altri – deflagrerebbe al primo Esecutivo. Sono persone che possono avere idee comuni su alcuni punti di carattere generale, ma che su molti altri hanno posizioni completamente diverse: dall’università alla Rai alle fabbriche. E poi, non dimentichiamo che Fini fino ad oggi e Casini fino all’altro ieri sono stati i principali costruttori del berlusconismo. Sulla proposta di Diliberto – ha concluso De Magistris – sono perfettamente d’accordo e l’ho detto anche al congresso dell’Idv: noi dobbiamo costruire un’alternativa tra quelle forze che si propongono una sinistra riformista e di governo e che poi sulle grandi questioni di carattere generale possono decidere di dialogare anche con l’area moderata di centro e con la destra liberale che sta nascendo”.
Di diverso avviso il suo collega di partito Pancho Pardi. “La sinistra – ha detto il senatore dell’IdV a quinews – deve preoccuparsi di recuperare i voti che si sono persi nell’astensione. E, in questo senso, avere due partiti di sinistra, quali Sel e Fds, all’interno della coalizione potrebbe avere un effetto negativo. La sinistra è fuori dal Parlamento per sue stesse responsabilità, da cui Diliberto è tutt’altro che estraneo. I danni fatti dalla classe dirigente di sinistra sono enormi: non ha mai veramente capito l’importanza della lotta contro l’anomalia italiana. Noi saremo pure fissati su Berlusconi ma loro hanno trascurato la questione tanto che hanno dato un contributo sostanzioso per la caduta dei due governi Prodi, che sono stati il ‘lasciapassare’ per la rivitalità di Berlusconi. Se Prodi nel ’96 non fosse stato fatto fuori Berlusconi era finito per sempre e invece ce lo ritroviamo fra i piedi. La sinistra che sta fuori dal Parlamento, quindi, non mi sembra nelle condizioni di fare da ‘magistra vitae’. Dovrebbe dimostrare di essere capace di raccogliere i voti, ma in una relazione stretta con Sel. Tre componenti del centro-sinistra sono già abbastanza, anche se queste componenti possono essere tutte messe in discussione perché nessuno è esente da critiche. Sia il Pd, che l’Idv che Sel hanno i loro problemi che però – ha concluso – non si possono risolvere moltiplicando i componenti della coalizione”.