B., Fini e la fiducia. E il Paese…
GENNAIO DECISIVO, L’EREDITA’ DEL VOTO DI IERI – Tra Berlusconi e Fini ad uscire sconfitto è il Paese, i cui problemi economici e sociali sono di un peso e di una gravità tale che perdere ulteriore tempo dietro ai tatticismi o ai bracci di ferro di questi due parenti-serpenti potrebbe essere fatale.
Dal punto di vista squisitamente politico, con il voto di ieri, almeno per ora, il premier è salvo. Il primo tempo della partita con Fini, passato armi e bagagli ufficialmente all’opposizione, lo chiude in vantaggio. Ma le partite, si sa, cominciano in un modo e poi si concludono in un altro. Molto probabilmente, dunque, la fine di Berlusconi è solo rimandata. Gennaio sarà il mese della verità. L’11 di quel mese, infatti, è prevista l’udienza alla Corte Costituzionale per discutere della costituzionalità della norma sul legittimo impedimento e il parere della Consulta segnerà, in un modo o nell’altro, l’attuale Legislatura.
In caso di giudizio favorevole della Corte potrebbero esserci deputati, soprattutto tra i ‘terzisti’, pronti a salire sul carro del vincitore, mentre in caso di parere sfavorevole potrebbero non mancare fughe in avanti o passi indietro di chi oggi sta con il Cavaliere. La credibilità del premier, in quel caso, sarà definitivamente persa e per le anime più pensanti del Pdl non sarà più praticamente sopportabile difenderlo agli occhi delle critiche, nazionale ed internazionali, che gli pioveranno addosso per aver tentato di manomettere la legislazione a fini privati.
In attesa di conoscere il ‘the end’ dello scontro, sullo sfondo resta però il voto di fiducia di ieri e che, a freddo, lascia in eredità alcuni fondamentali punti fermi: 1) Berlusconi, seppure per soli 3 voti, seppur grazie a 3 transfughi, ha comunque ottenuto la fiducia; 2) Il premier ha sconfitto sul campo il ‘nemico’ Fini, sminuendolo al cospetto del Pdl, della Lega e del suo stesso gruppo; 3) Con la fiducia in tutte e due le Aule Berlusconi ha definitivamente dimostrato che in Parlamento non ci sono oggi e non ci possono essere in futuro maggioranze alternative, affossando quindi qualsiasi tentativo di governo tecnico, di responsabilità nazionale o di altra natura; 4) Berlusconi, in caso di crisi definitiva del governo, e forte della fiducia ottenuta ieri, può andare tranquillamente dal presidente della Repubblica e chiedergli di sciogliere le Camere e indire elezioni anticipate; 5) Il Cavaliere per l’occasione sarà il naturale candidato a presidente del Consiglio per il Pdl.
5 punti fermi, 5 verità politiche inconfutabili e 5 fendenti niente male per uno che, fino all’altro ieri, era sul punto di capitolare per mano ‘amica’. Tutto questo, forse e senza forse, era ciò per cui Berlusconi ha lavorato in questi ultimi trenta giorni. Giorni in cui, per l’ennesima volta, l’opposizione parlamentare – Pd e IdV, in primis – non ha saputo far altro che assistere passivamente ai lavorii del presidente del Consiglio, sempre più persa nelle proprie contraddizioni e beghe interne.