Governo-Intesa tra parti sociali, CGIL non firma

Le Parti sociali (ABI, ANIA, Confindustria, Lega Cooperative, Rete imprese Italia, CISL, UIL, UGL) hanno firmato l’accordo che fissa le “Linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia”. Il Governo è convinto che l’intesa rappresenti un passo importante per il rilancio dell’economia, la tutela dei diritti dei lavoratori e il benessere sociale. – questo il comunicato del Governo che continua –

L’accordo conclude un percorso iniziato il 5 settembre con l’incontro tra il Governo e gli imprenditori e poi proseguito l’11 settembre con le organizzazioni sindacali. In tali incontri, il Presidente del Consiglio Mario Monti aveva sollecitato l’impegno a migliorare il livello della produttività del lavoro in Italia, innalzare la competitività e l’attrattività degli investimenti. A questo fine aveva incoraggiato il confronto tra le parti sociali, condividendone lo spirito e gli obiettivi. Per questo il Governo ha proposto nella legge di Stabilità uno stanziamento complessivo di 1,6 miliardi di euro per il periodo 2013/2014 per la detassazione del salario di produttività – stanziamento che si è poi ulteriormente esteso nel tempo e rafforzato a 2,1 miliardi per effetto degli emendamenti approvati alla Camera – ponendo come condizione per erogare questi incentivi finanziari che le parti trovassero un accordo adeguato a tali finalità.

Negli ultimi anni, e in particolare dopo la crisi, lo sviluppo dell’economia italiana ha registrato ritmi di crescita inferiori rispetto ai partners europei e internazionali con effetti negativi sull’occupazione. Ne hanno subito le conseguenze i lavoratori, le imprese, le famiglie e i giovani: meno posti di lavoro, minori retribuzioni reali, minori consumi, redditività più bassa delle imprese, una più elevata pressione fiscale e risorse carenti per la solidarietà, l’istruzione e la ricerca.

Per questo motivo la produttività e la modernizzazione sono di cruciale importanza nell’agenda di governo del Paese. La modernizzazione degli apparati produttivi, la rimozione dei vincoli allo sviluppo, il riequilibrio del sistema di prelievo fiscale e gli incentivi agli investimenti privati sono fondamentali per la ripresa dell’economia, dell’occupazione e del benessere sociale, oltre che per consentire un più solido equilibro di bilancio.
L’intesa raggiunta tra la Parti firmatarie

• attribuisce alla contrattazione collettiva nazionale, la cui funzione è quella di garantire la certezza dei trattamenti economici e normativi comuni per tutti i lavoratori rientranti nel settore di applicazione del contratto, l’obiettivo mirato di tutelare il potere di acquisto dei salari assicurando che la dinamica degli effetti economici, superata ogni forma di automatica indicizzazione, nei limiti fissati dai principi vigenti sia sempre coerente con le tendenze generali dell’economica, del mercato del lavoro, del raffronto competitivo internazionale e degli andamenti specifici del settore;

• valorizza la contrattazione di secondo livello affidandole una quota degli aumenti economici eventualmente disposti dai rinnovi dei contratti collettivi nazionali con l’obiettivo di sostenere, negli specifici contesti produttivi, efficaci e mirate misure di incremento della produttività;

• consente di adeguare la regolamentazione contrattuale dei rapporti di lavoro alle esigenze degli specifici contesti produttivi di riferimento, anche con riguardo alle materie che possono incidere positivamente sulla crescita della produttività quali gli istituti contrattuali che disciplinano la prestazione lavorativa, gli orari e l’organizzazione del lavoro;

• contiene, tra l’altro, l’esplicito impegno delle Parti firmatarie ad affrontare in sede di contrattazione, in via prioritaria, le tematiche relative all’equivalenza delle mansioni, all’organizzazione del lavoro, all’orario di lavoro ed alla sua distribuzione flessibile, all’impiego di nuove tecnologie;

• conferma la volontà, condivisa dal Governo, di individuare soluzioni che, in una logica di “solidarietà intergenerazionale”, agevolino la transizione dal lavoro alla pensione;

• crea il presupposto perché vengano introdotte, nell’ambito della legislazione vigente e nei limiti delle risorse disponibili, stabili e certe misure di defiscalizzazione del salario di produttività finalizzate ad incoraggiare selettivamente le intese che siano concretamente idonee, negli specifici contesti produttivi di riferimento, a sostenere l’incremento della produttività intervenendo in via prioritaria nelle materie già individuate tra le Parti firmatarie;
• permette pertanto alla contrattazione di secondo livello di incrementare i salari netti percepiti dai lavoratori facendo scattare le misure di defiscalizzazione per le quote di incrementi salariali che verranno concretamente legate, negli specifici contesti produttivi, all’incremento della produttività;

• individua nel termine del 31 dicembre 2012 la data entro la quale le Parti firmatarie dell’accordo interconfederale 28 giugno 2011 completeranno il quadro delle nuove regole in materia di rappresentanza, con ciò dando auspicabilmente vita ad un sistema di relazioni industriali più stabile ed efficace;

Su tale base, il Governo ritiene che sussistano le condizioni per confermare l’impegno di risorse destinato alla riduzione del cuneo fiscale del salario di produttività e per procedere, nell’ambito della legislazione vigente e delle risorse disponibili, alla conseguente implementazione degli atti normativi necessari a definire i criteri di operatività dei meccanismi di defiscalizzazione necessari a sostenere, in una logica di incentivazione della contrattazione di secondo livello, i salari e la produttività;

Il Governo auspica vivamente che l’intesa, a cui hanno aderito ABI, ANIA, Confindustria, Lega Cooperative, Rete imprese Italia, CISL, UIL, UGL, sia sottoscritta anche dalla CGIL.

Camusso: “sulla produttività s’è persa un’occasione
“L’intesa è coerente con la politica del Governo che scarica sui lavoratori i costi e le scelte per uscire dalla crisi. Si è persa un’occasione

Ecco di seguito il testo del documento del Segretario Generale della CGIL fatto circolare nei giorni scorsi prima dell’incontro con il Governo

Il testo che le controparti hanno sottoposto al giudizio e alla firma delle organizzazioni sindacali dal titolo “linee programmatiche per la crescita della produttività e della competitività in Italia” contiene elementi non condivisibili.
La CGIL considera non esaurito il confronto, in particolare sul salario, sulla democrazia e sulle normative contrattuali. Il lungo confronto ha determinato, rispetto alle prime stesure, e grazie alla determinazione della CGIL, anche elementi d’avanzamento nella difesa della condizione delle persone e, proprio per questo, il negoziato merita la prosecuzione.
Il giudizio della CGIL resta negativo su alcune parti sostanziali del testo proposto, ritenendo che la scelta del Governo e delle controparti di considerare le condizioni di lavoro l’unica variabile della produttività su cui agire, ha fin dall’inizio segnato negativamente il negoziato, rendendo così la produttività da scelta strategica per lo sviluppo del Paese a riduzione del reddito dei lavoratori e delle lavoratrici.
Nel merito del testo.
La CGIL continua a ritenere che il CCNL debba avere la funzione di tutelare il potere d’acquisto delle retribuzioni dell’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici di ogni singolo settore, incrementando i minimi tabellari che determinano anche le relative incidenze, mentre il secondo livello (che attualmente riguarda meno del 30% del lavoro dipendente) deve aggiungere risorse legate alla produttività nell’impresa. Per questo abbiamo proposto una formulazione diversa del testo per rendere esplicita la separazione tra i due livelli:
– la garanzia del potere d’acquisto da attuarsi nei rinnovi contrattuali;
– l’introduzione di un altro elemento distinto, che scatterebbe laddove non vi sia la contrattazione aziendale.
Invece la soluzione presente nel testo considera l’indicatore IPCA -già non esaustivo del recupero del potere d’acquisto- indicatore onnicomprensivo del primo e secondo livello di contrattazione. In questo modo si andrebbe alla differenziazione dei minimi salariali e alla riduzione della protezione del potere d’acquisto delle retribuzioni.
Questa scelta ha un ulteriore effetto recessivo, visto il già presente impoverimento delle retribuzioni e relative contrazioni dei consumi, e perde l’effetto di incentivazione della produttività a fronte di fattori organizzativi e di investimenti che le rendessero disponibili.
La scelta operata dopo l’accordo separato del 2009 con la stagione contrattuale successiva ha recuperato, in parte, una stagione unitaria e, in quei casi, ha determinato nei rinnovi contrattuali, la tutela del potere d’acquisto e l’incentivazione del secondo livello. Nel momento in cui si vuole affrontare un nuovo intervento sul modello contrattuale, non solo è sbagliato non costruirlo unitariamente, ma tutta l’attenzione avrebbe dovuto porsi rispetto alle categorie più deboli, quali ad esempio quelle che operano in regime di appalti, settori nei quali diminuiscono le retribuzioni e si disdicono gli accordi aziendali di secondo livello.
Per questo fin dall’inizio del confronto, per evitare anche gli errori del 2009, abbiamo posto, a premessa del negoziato, il tema della democrazia e della rappresentanza in termini applicativi del 28 giugno 2011 con Confindustria ed estensivi per le altre Associazioni d’impresa.
A distanza di più di un anno della sottoscrizione con Confindustria questa era un’occasione utile per determinare un avanzamento nella sua reale applicazione attraverso l’esplicitazione delle modalità con cui certificare la misurazione del numero degli iscritti ed iscritte ad ogni singola organizzazione sindacale (tramite convenzione con l’INPS) e la modifica nelle modalità di elezione delle Rappresentanze Sindacali Unitarie che deve avvenire su base esclusivamente proporzionale ai voti raccolti da ogni organizzazione, al fine di poter determinare -sulla base di questi due elementi- la reale rappresentatività di ogni organizzazione. Tale misurazione ha anche lo scopo – anch’esso previsto dal 28/6 ma non ripreso nel testo attuale – di determinare la titolarità di ogni organizzazione a stare ai tavoli di trattativa contrattuale, laddove un’organizzazione rappresenti più del 5% del totale. Ed è su questa base che la CGIL ha posto il tema di superare il “vulnus democratico” per quanto riguarda il tavolo del negoziato contrattuale dei meccanici. È evidente che la possibilità di partecipare al tavolo della FIOM-CGIL non determina di per sé la possibilità di concludere unitariamente il rinnovo contrattuale, ma ripristina il diritto- dovere di un’organizzazione sindacale di rappresentare tutti e tutte coloro che, tramite iscrizione o voto, l’hanno delegata.
Così come nel 2011 lo spostamento del peso della contrattazione sul secondo livello ha comportato l’introduzione e la definizione di procedure democratiche, anche al fine dell’esigibilità degli accordi, ora che si vuole il ridisegno del modello contrattuale con materie proprie del primo e del secondo livello, è quanto mai necessario definire la cornice di regole democratiche per l’insieme dei lavoratori e delle lavoratrici.
Infine il punto 7 del testo, seppur migliorato rispetto alle iniziali richieste delle controparti, determina la forte preoccupazione che vi sia la volontà di intervenire peggiorando le condizioni dei lavoratori. Un esempio per tutti riguarda la materia del demansionamento, laddove, anche a fronte di modifiche legislative in materia di età pensionabile, si ritiene che nella contrattazione e/o con una legislazione di sostegno si possa intervenire per una riduzione della qualifica professionale, con relativa riduzione della retribuzione. Sostanzialmente da una parte si plaude alla riforma delle pensioni come necessaria per tenere in equilibrio i conti pubblici, dall’altra sulle stesse persone si produce un ulteriore danno non solo nella retribuzione ma anche nel riconoscimento della professionalità.
Sempre nello stesso punto si fa implicito riferimento alla possibilità di modificare l’art. 4 dello Statuto dei Lavoratori che vieta il controllo a distanza della prestazione lavorativa, in ragione delle nuove tecnologie, che già per lo Statuto è materia propria della contrattazione aziendale.
In materia di bilateralità, pur avendo accolto una richiesta avanzata dalla CGIL che prevede che l’eventuale detassazione del sistema di welfare parta dalla previdenza complementare, in quanto forma che raccoglie una platea più ampia di lavoratori e lavoratrici, resta sostanzialmente invariato il capitolo, laddove si prevede la possibile detassazione anche sui sistemi di welfare aziendale oltre che nazionale, prevedendo per questa via una ulteriore divaricazione tra coloro che godono di un sistema di protezione e coloro che ne sono privi, oltre che rischiare di sancire il principio che prestazioni pubbliche, quali la sanità e il welfare, possano trovare forme complementari a minor costo solo per una parte di popolazione, o sottraendo risorse pubbliche a beneficio di tutti e tutte. Inoltre è del tutto discutibile che la strada scelta dell’incentivazione dei premi di produttività, attraverso la defiscalizzazione, possa essere riprodotta per qualunque materia contrattuale.
Sulla base di queste brevi considerazioni la CGIL ha provato nella giornata di venerdì scorso ad evidenziare alle associazioni imprenditoriali le ragioni di merito del dissenso, auspicando di poter proseguire il confronto ed evitando così di far precipitare la situazione in un accordo sindacale separato, che continuiamo anche oggi a ritenere non sia positivo per nessuno. La decisione di inviare un testo conclusivo del negoziato riteniamo sia un errore e per quel che riguarda la CGIL si ribadisce la volontà di proseguire tenacemente la ricerca e si sottolinea che tutte le materie lì indicate debbono tradursi in accordi nei singoli settori delle categorie.
Ulteriore ragione per determinare regole democratiche, perché tutto ciò non infici i rinnovi contrattuali aperti e perché non si determini, in nome e per conto del Governo, una nuova stagione di divisione.

Redazione

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