Vespa contro Travaglio, 2
Vespa contro Travaglio, che replica di par suo. Altro match. In appena una settimana due scontri epistolari niente male. Il primo, di cui abbiamo dato notizia venerdì scorso. Il secondo, invece, è andato in onda ieri, sempre nella pagina delle lettere del quotidiano ‘l’Unità’. Tema del carteggio l’articolo 4 del disegno di legge sulle intercettazione approvato dal Consiglio dei ministri. Roba che scotta.
Ecco la lettera che Bruno Vespa ha indirizzato a Concita De Gregorio e pubblicata da ‘l’Unità’ ieri, 10 febbraio: “Caro Direttore, Travaglio continua a mentire incrinando la credibilità del tuo giornale. L’art. 4 del disegno di legge sulle intercettazioni approvato dal Consiglio dei ministri prevede espressamente di non modificare la disciplina precedente sui reati previsti dall’art. 51 comma 3 bis del codice di procedura penale, tra cui c’è il sequestro di persona a scopo di estorsione (art. 630 c.p.). La norma non è mutata né quanto ai presupposti (sufficienti indizi di reato invece dei gravi indizi di reati) né quanto alla durata (termine massimo delle indagini preliminari, quindi ventisette mesi, compresi le pause feriali). Sbaglia quindi Travaglio e prima di lui ha sbagliato a “Porta a Porta” il segretario generale dell’Associazione Magistrati Giuseppe Cascini. Ripeto: la polemica è legittima, ma non si debbono truccare le carte”.
Ecco, invece, la replica di Marco Travaglio alla missiva di Vespa, pubblicata sempre su ‘l’Unità’ lo stesso giorno: “Bruno Vespa non è obbligato a leggere l’Unità, dunque gli riassumo perché continuo a sostenere che la nuova legge impedirà le intercettazioni anche per i sequestri di persona a scopo di estorsione: quelli cioè che avvengono per ottenere un riscatto in cambio dell’ostaggio, diversamente dai sequestri “semplici” (a scopo di libidine, vendetta, traffico d’organi, ma senza richiesta di riscatto: come nel caso di Denise Pipitone). E’ vero che, sulla carta, la cosiddetta riforma consente di intercettare anche oltre i 2 mesi e senza “gravi indizi di colpevolezza”. Ma a un patto: che il giudice sappia fin dall’inizio che il sequestro è a scopo di estorsione, cioè che sia già stato chiesto il riscatto. E come fa il giudice a saperlo, se non intercetta subito i telefoni dei famigliari e non capta la telefonata con la richiesta del riscatto? Deve sperare che i familiari lo informino in tempo reale. Ma di solito i familiari vengono diffidati dai sequestratori dall’informare la polizia, anche perché la legge vieta di pagare i riscatti e impone il sequestro dei beni dei famigliari per impedire che paghino. Bisognerebbe intercettare il telefono dei familiari, ma con la nuova legge non si può più (per nessun reato, finché l’inchiesta è “contro ignoti”), salvo che le parti offese, cioè i familiari, non lo chiedano. Ma se i familiari non collaborano, non chiederanno mai di controllare il telefono sul quale trattano con i sequestratori. Dunque il giudice e la polizia saranno tagliati fuori e i sequestratori resteranno ignoti per sempre. E’ la nuova legge che trucca le carte, non chi la spiega correttamente”.
Alla prossima puntata (epistolare?)…