Un’emancipazione “donna”
Gagliano Castelferrato, un paesino della provincia di Enna, nell’entroterra della Sicilia, vive negli anni sessanta una rivoluzione unica.
Territorio di emigranti, dove oltre il 20% della popolazione andava a trovare lavoro all’estero, lasciando una popolazione anziana a lavorare la “terra” con un’agricoltura in crisi, a cui la politica non seppe e non volle dare risposte innovative, ed i disoccupati tediati dalle infinite sfide nelle partite a carte al bar; diventa l’unico centro della provincia con una fabbrica.
Una fabbrica tessile realizzata poco lontano dal Centro estrattivo da cui attraverso il metanodotto, viene inviato il metano a Gela e Siracusa, una fabbrica realizzata in cambio delle ricchezze dei giacimenti che essendo lavorato altrove, produce poco lavoro nel luogo; dopo lotte e rivolte popolari che rivendicavano, giustamente un lavoro vedendosi decurtati delle ricchezze del sottosuolo.
In una realtà di 4.800 abitanti in1.400 famiglie, con 400 operaie, quella che poteva essere considerata una “cattedrale nel deserto” divenne il perno di un’emancipazione “femminile” unica nel mezzogiorno. Le donne divennero il motore economico della comunità scardinando dei meccanismi e tradizioni della società siciliana, con una crescente consapevolezza del ruolo e importanza. Se la realtà industriale non riuscirà ad attecchire nel processo produttivo è colpa dell’incompetenza della classe politica nazionale e regionale che non ha saputo far germogliare quel nucleo con adeguate politiche di infrastrutture e di formazione dei quadri dirigenti lasciando il tutto ad un’estemporanea casualità. All’economia tradizionale in crisi non si è dato un seguito organico e la realtà della “fabbrica” è finita per essere un deterrente per altre imprese, adagiando nella temporanea “ricchezza” l’economia paesana. Contemporanea la disgregazione tradizionale dei ruoli determinata dall’importanza delle donne nell’economia con conseguente coscienza di un nuovo ruolo decisionale, che senza passare in una società “matriarcale” ha innestato un diverso equilibrio tra uomini e donne nella società siciliana, equilibrio lungi dall’essere raggiunto. Purtroppo, oggi, la “fabbrica” è chiusa, l’emancipazione “moderna” delle donne determinata da quella realtà si è esaurita, altre saranno le forme che potranno evolverla, più comuni a tutta la Sicilia, si esaurisce un’esperienza che poteva e doveva sicuramente avere un altro futuro.