XX Settembre “Che cosa?”
L’articolo di Simone Luciani pubblicato su Articolo 21 mette in risalto l’atteggiamento di schizofrenia che lo Stato italiano ha rispetto al proprio passato ed alla Storia nel mal celato tentativo di superare dei momenti che ne hanno determinato la nascita a discapito di altri poteri tutt’oggi imperati.
«Non siamo tifosi accaniti dei simboli, eppure va riconosciuto che anche dai simboli passa la cultura di un paese. E il simbolo violato per eccellenza, nella nostra Repubblica, resta quello del XX settembre. Data simbolo dell’unità nazionale e del ritorno (presunto…) della religione al suo ruolo di dimensione umana e spirituale e non di potere, non siamo riusciti neanche a cerchiarla di rosso nel nostro calendario, assai generoso invece con ricorrenze e celebrazioni cristiane (che nessuno, ovviamente, vuole negare o ridurre).
Anche attraverso la negazione della memoria di questa ricorrenza passa quel dazio che lo Stato Italiano continua a pagare nei confronti di quello vaticano, che non solo non appare essersi fatto ancora una ragione della Storia, ma è oggi quanto mai attivo nel tentare di mantenere nell’Italia l’ultimo baluardo, l’ultimo terreno, l’ultima bandierina da difendere nei confronti della secolarizzazione. Le gerarchie ecclesiastiche oggi, paradossalmente, hanno gioco più facile nei loro tentativi di infiltrarsi nelle zone di potere e di gestione del nostro Stato, se paragoniamo la nostra epoca anche solo con quella della prima Repubblica. Allora c’era un partito di massa che, pur rifacendosi dichiaratamente alla tradizione cristiana e cattolica, aveva la forza di porsi, nei suoi esponenti più illuminati, come interlocutore di pari grado nei confronti del Vaticano e dei vescovi, ai quali di certo era concesso molto ma non tutto. C’erano i partiti della tradizione laica, socialista, liberale, repubblicana che, prima di essere stritolati dalle incrostazioni di potere, si ponevano come sentinella di quel valore fondativo del nostro Stato e della nostra Costituzione repubblicana che è la laicità. E c’era infine un partito di massa d’opposizione che, sebbene abbia avuto un rapporto ambivalente con Oltretevere, non poteva per ovvie ragioni costituire un interlocutore per Papi e porporati.
Oggi gli ex esponenti della tradizione laica, sommersi dalle incrostazioni del potere di allora, ne hanno cercate di altre e hanno scoperto nella Chiesa Cattolica una formidabile fonte. I due maggiori partiti italiani, pur non rifacendosi dichiaratamente alla tradizione cristiana, sono privi di qualunque autorevolezza (e, anche se non alla pari, di un livello accettabile di rispetto delle istituzioni). La gran parte dei partiti che si rifanno apertamente alla laicità dello Stato è pronta a condannare le ingerenze vaticane sui temi delle libertà civili, salvo poi costruire strane alleanze quando si parla di altre questioni, come ad esempio quella dell’immigrazione. E quelle poche sentinelle ferme e coerenti della laicità vengono processate per estremismo non, si badi bene, dagli intellettuali cattolici, ma dai sedicenti laici ‘moderni’ o ‘adulti’. Si moltiplicano, su questo fronte, le condanne agli ‘opposti estremismi’. Condanne ora sincere, ora pelose, che derivano dal non voler vedere e confrontarsi con una realtà che ci dice che di estremismo ce n’è uno solo, ed è quello clericale. E disonesto: oggi le bandiere del clericalismo spacciano le loro posizioni come frutto di ‘autentica laicità’. Dall’altra parte si tenta, a fatica, di chiedere quello che altrove sarebbe il minimo sindacale, e ciò viene immediatamente bollato come furore anticristiano e bruciato su pubblica piazza. La risposta di chi sta nel guado, però, continua a essere la richiesta di una ‘mediazione alta’, di un ‘dialogo’ (dimenticando che per dialogare, in genere, si debba essere almeno in due), di un ‘terreno comune’. Tutto ciò si risolve, quando va bene, in compromessi della più infima specie (che in genere penalizzano una parte molto più dell’altra) e, quando va male, in surreali ricerche su terreni dove la mediazione non è possibile (come per le questioni di bioetica).
Oggi è necessario che i partiti ‘laici’ (o meglio, quelli che fanno della laicità un principio) abbiano la capacità di dire no alle ingerenze ecclesiastiche su tutti i terreni, e non solo su qualcuno. Un no che deriva non da sentimenti anticristiani ma dal puro e semplice rispetto della Costituzione. Ed è necessario che i ‘laici adulti’ aprano gli occhi e abbiano davvero voglia di attivare gli strumenti di analisi a disposizione, per interpretare uno scenario in cui risultano fastidiose e stantie le prediche su presunte soluzioni né laiche né clericali né dialoganti, ma semplicemente ‘italiote’».