“Ecco perchè diciamo no ai capitali rientranti con lo Scudo Fiscale”
PARLA IL PRESIDENTE DI BANCA ETICA – Banca Etica non accetterà la raccolta di capitali che dovessero rientrare in Italia grazie allo “scudo fiscale” e di conseguenza non predisporrà alcuna misura commerciale e operativa al fine di attirare tali capitali o facilitarne il rientro. Sull’argomento abbiamo sentito Fabio Salviato, presidente della Banca popolare Etica.Presidente, perché Banca Etica, a differenza degli altri Istituti di credito, ha deciso di non accettare i capitali rientranti in Italia grazie allo scudo fiscale del governo?
“Perché questo scudo fiscale, da molti definito amnistia, e a ben vedere ce ne sono i presupposti, tradisce, tra le altre cose, l’impegno quotidiano e coraggioso per la legalità di associazioni, amministrazioni, cittadini. Perché arriva dopo almeno un anno, dallo shock cioè dell’ultima crisi economico-finanziaria, di proclami e discorsi bipartisan sulla necessità di etica nella finanza, di un sano contatto con la realtà dell’economia e di bisogno di attenzione al bene comune.
Perché siamo coerenti con la nostra mission e rispettosi delle migliaia di clienti che ci hanno scelto proprio in virtù della nostra trasparenza e per l’uso responsabile del denaro che chiediamo e pratichiamo. Perché temiamo che questa azione produca un’ulteriore frattura nel patto di solidarietà e di giustizia che esiste – non codificato – tra stato e cittadini. Un patto che si concretizza anche in una onesta dichiarazione dei redditi – per chi la fa – e che invece è stato tradito, legittimando ingiustizie e illegalità. Perché provoca quella “depenalizzazione dei reati nelle nostre coscienze” prima che nelle leggi dello Stato che denuncia Don Ciotti da tempo”.
L’etica, appunto…
“Il nostro è un richiamo alla trasparenza, una denuncia estrema di un sistema finanziario che avalla queste incongruenze mentre fa marketing con l’etica; ma anche un appello alle coscienze, un sostegno a chi pensa che si possa fare diversamente affinché non si senta solo. Abbiamo titoli ed esperienza per dirlo in quanto operatori che ogni giorno si interrogano sulla possibilità di fare in maniera differente quello che il sistema ci propone, e qualche volte impone. Noi cerchiamo di dare risposte alle persone, siamo in pochi ad ascoltare davvero i bisogni della gente. Il paese reale, tanto evocato, è quello dei piccoli risparmiatori che vogliono relazioni corrette con le banche, informazioni trasparenti e sono disposti a sacrifici se giustificati da buon senso e democrazia dei diritti”.
Lo scudo-fiscale è una risposta adeguata alla crisi economica in atto?
“Questo scudo riuscirà nelle previsioni più rosee – che qualcuno già mette anche in dubbio – a riportare in Italia 100 miliardi. Solo il 5% – pochi – andranno allo Stato in forma di tasse, il resto dovrebbe circolare a beneficio dell’economia del Paese. C’è chi dice che migreranno subito dopo, fatto il washing. Ma poco importa. Il problema è che si continua a parlare dell’utilità di questo scudo per contrastare la crisi di liquidità, quindi per un’eventuale soluzione di breve periodo. Quel lasso di tempo che, divenuto per la finanza il metro di misura del suo successo, ci ha portato all’ultima gravissima crisi economico-finanziaria. Insomma ci sembra un problema di amnesia quello che partorisce queste misure anti-crisi. Perché non si guarda lontano e non si costruisce senso dello stato, legalità, in poche parole non si costruisce il cittadino di domani”.