Saviano: “L’omertà di oggi è non voler conoscere”
In un oasi di “Libertà” che prende in nome di “Festival dell’Economia di Trento” ha parlato Roberto Saviano, l’autore di “Gomorra”, chiudendo la quinta edizione del festival, spiegando il funzionamento delle economie criminali e i loro intrecci con quella legale.
L’Auditorium Santa Chiara tutto esaurito, come pure le altre sedi dalle quali la conferenza poteva essere seguita, comprese le principali piazze di Trento.
L’ultimo appuntamento del festival ha regalato emozioni e spunti di riflessione alle migliaia di persone che l’hanno seguito, in apertura Giuseppe Laterza “(“un editore meridionale – ha sottolineato Saviano all’inizio della sua relazione – e non è banale, perché se costa molto fare cultura in Italia è ancora più costoso al Sud”) ha brevemente ripercorso le fortune di “Gomorra”, libro stampato originariamente in 4.500 copie che a tutt’ oggi ne ha vendute oltre 10 milioni in tutto il mondo. Un libro scomodo e affascinante, per il quale Saviano ha pagato con la sua libertà personale, dal momento che, poco dopo la pubblicazione, è stato costretto ad accettare una scorta e tutte le limitazioni che comporta l’essere costantemente sotto la minaccia dei boss della camorra. “La fortuna di questo libro – ha chiosato Laterza – ci fa riflettere sul potere della parola, e rappresenta la degna conclusione ad un festival dell’economia dedicato al tema della conoscenza, in tutte le sue declinazioni.”
Saviano – che si è detto molto contento di essere per la prima volta a Trento, città dove è nata la madre – ha voluto a sua volta iniziare con una parola “economia”.
“Il sottotitolo che avevo scelto per ‘Gomorra’, ossia ‘Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra’ all’inizio venne considerato una pessima scelta di marketing. Si pensava che la parola ‘economia’ non avrebbe aiutato le vendite. Eppure parlare di economie criminali oggi significa parlare di questo, del motore imprenditoriale e finanziario più forte del Paese. 100 miliardi di euro è il profitto annuale realizzato dalle organizzazioni più importanti. Non esiste gruppo imprenditoriale oggi in Italia che possa ottenere un profitto così alto in un tempo così breve. Ma la vera forza di questo sistema è di legare il mercato illegale con quello legale. Il boss è una persona che usa il crimine per fare affari. E dalla crisi economica in poi gli affari sono enormemente aumentati, specie sul versante bancario. I soldi del narcotraffico stanno entrando negli istituti di credito, che hanno bisogno di liquidità. Quando la crisi sarà terminata questi capitali determineranno le scelte finanziarie di quelle banche. Negli ultimi anni le organizzazioni criminali – mafia, camorra, ‘ndrangheta – si stanno dando una struttura ‘all stars’; in pratica i ‘migliori’ di loro si confrontano, fanno affari assieme all’estero, soprattutto all’Est. Tutto questo è iniziato già con la caduta del Muro di Berlino: dal mio paese ad esempio sono partiti degli emissari verso la Romania, dove hanno fondato un’impresa, ‘Albanova’ (il vecchio nome di Casal del Principe); in pochi mesi, mettendo sotto contratto gli ex-funzionari del regime, hanno creato una rete tale per cui le altre imprese che volevano entrare nel Paese dovevano passare attraverso di loro per avere le autorizzazioni necessarie ad impiantare un’attività in tre mesi anziché in due o tre anni. Faccendieri dei clan sono andati all’Est a comprare di tutto, anche i titoli di Stato. In questo modo, le organizzazioni criminali si comprano stati interi. In Europa.”
In tutto questo i soldi generati dal narcotraffico – soprattutto della cocaina – sono determinanti. “Adesso sta emergendo che una delle più grandi compagnie telefoniche europee sarebbe utilizzata per ripulire denaro sporco. Non stiamo parlando di cose lontane o che riguardano solo il Meridione. In via Veneto a Roma – la strada de ‘La dolce vita’ – c’è un caffè aperto con i soldi del narcotraffico. Lo stesso in piazza di Spagna. E così via. Sono lì, tutti lo sanno. C’è un’inchiesta da cui risulta il tentativo di clan dell’Aspromonte di infiltrarsi nella distribuzione delle mele trentine. Al concerto del 1° maggio, che tutti abbiamo visto in tv, sono stati presi trenta spacciatori. Lo stesso avviene alle partite di calcio. Però tutti questi episodi vengono considerati isolatamente. Se ne occupa il cronista di nera, il giudice meridionale… Si perde il disegno d’insieme, si perdono le connessioni. Poi, a volte succede qualcosa. Ad esempio, il cittadino-lettore comincia a riflettere, a indignarsi. A questo punto si alza qualcuno e dice: chi ne parla infanga il nome dell’Italia nel mondo. Chi ne parla specula sulle disgrazie della sua gente. Insomma, ti dà la colpa di raccontare. I più intelligenti ribattono: è una stupidaggine. Poi anche chi vive in quei luoghi comincia a stancarsi di doversi continuamente giustificare, di dire: ‘Io non sono mafioso’. Dobbiamo capire che non è con il silenzio che si risolvono i problemi. Anzi. Noi italiani abbiamo insegnato al resto del mondo a combattere la mafia. La nostra legislazione è la migliore. E’ esattamente il contrario: è stando in silenzio che passiamo per omertosi. E’ stando zitti che danneggiamo il nostro Paese.”
Saviano ha insistito sull’intreccio fra economia legale e illegale. “Prendiamo le estorsioni. Noi crediamo che funzioni così: arriva qualcuno e punta una pistola in testa a un negoziante, dicendogli, o mi versi la tangente o ti sparo. Sono solo i clan pezzenti che fanno così. La tipica estorsione oggi consiste nel versare una parte del tuo guadagno per avere dei servizi. Se paghi, ad esempio, i camion arriveranno al tuo supermercato in tempo, e viaggeranno con benzina scontata. Per questo denunciare l’estorsione è così difficile: perché accettarne la logica significa ottenere dei vantaggi economici. Quando esplose il caso Parmalat emerse proprio questo: che i prodotti Parmalat erano entrati prepotentemente nei mercati del Sud grazie all’intermediazione criminale.”
Questo meccanismo si trasferisce poi dal piano economico a quello politico. “Funziona così con il voto di scambio. Il meccanismo è noto: l’elettore entra nella cabina elettorale con la scheda già segnata e timbrata, ed esce consegnando la scheda che ha ritirato al seggio all’uomo del clan. Ma dietro cosa c’è? C’è l’idea che tu voti qualcuno perché ti dia qualcosa: un parcheggio, una licenza, un posto di lavoro. Tutte cose a cui tu avresti diritto come cittadino. Invece così diventano merce di scambio.”
Infine, un accorato appello al rispetto delle regole. “I boss non rappresentano l’antistato. Non si sentono così. Si sentono imprenditori, che rifiutano regole che, a loro giudizio, frenano l’economia. Sempre dove c’è economia criminale c’è qualcuno che parla contro le regole. Invece la regola è una forma di libertà, non di costrizione. La forza del mio libro è data dalla gente che lo ha letto, gente che capisce che le cose non vanno bene, che inizia a sentirsi ‘diversa’. Gente che si rende conto che i poteri che comandano non sono puliti, che questo non è il paese della conoscenza ma delle conoscenze. La grande speranza è che ci si possa unire trasversalmente sul tema della legalità, che è un tema rivoluzionario.”
Ed ancora, quasi a suggello del festival dedicato al tema “informazione, scelte e sviluppo”: “L’omertà di oggi è non voler conoscere”.
Dopo l’intervento di Saviano è salito sul palco il presidente della Provincia autonoma di Trento Lorenzo Dellai, assieme agli altri organizzatori della manifestazione, per un saluto finale, che è anche una rassicurazione: “Come sempre, nei prossimi giorni, ci troveremo per fare un bilancio di queste giornate, ma posso dire fin d’ora che questa edizione del festival è andata molto bene, che Trento con questa manifestazione sente di fare un servizio anche al resto del Paese, offrendo stimoli e spunti di conoscenza. Quindi, non ci fermeremo.”
Rivolgendosi a Saviano, e ringraziandolo per avere accettato l’invito del Trentino, Dellai ha aggiunto: “L’impegno che possiamo prendere è di mettere il Festival dell’Economia a disposizione anche del Sud del Paese, nelle forme che andremo ad immaginare nel prossimo futuro, per offrire anche noi il nostro contributo alla crescita di una conoscenza libera.”
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