Minnie Minoprio: “In tv l’osé di ieri oggi è routine”
“Nel 1971 una mia interpretazione fu criticata e discussa anche in Parlamento, perché giudicata “troppo poco educativa”. Se ci ripenso e guardo a ciò che accade oggi mi viene da sorridere…”.
“Amo l’arte, lo sport e gli animali. Odio il telefono, le scritte murali, le bugie e l’invadenza”. Inizia così la conversazione con Minnie Minoprio, attrice, showgirl e cantante di origine inglese, icona della televisione, italiana e non solo, degli anni ’70, che andava in onda in rigoroso bianco e nero. Sposata, madre di Giuliano e nonna di due nipotini,
Minnie Minoprio non vive certo solo di ricordi. La sua quotidianità è fatta di mille cose: è appassionata di scrittura (ha pubblicato due romanzi: “Il Passaggio” e “Benvenuti a bordo”), ceramica e arredamento. Svolge anche l’attività di rigattiere e di ristoratrice, a dimostrazione dell’indole versatile e artistica che l’ha sempre contraddistinta, a dispetto di certa critica che, invece, l’ha etichettata come soubrette svampita, considerandola figlia di un’epoca “culturalmente minore”. In questi giorni esce nelle librerie la sua biografia – “Minnie, sette spiriti” – scritta da lei medesima, che verrà presentata a Riano (Rm), il prossimo 10 ottobre, nell’ambito della rassegna culturale “LibRiano. Pagine da sfogliare tutto l’anno”.
Tutto ebbe inizio nel 1959, quando a 17 anni fu notata da Walter Chiari e Lelio Luttazzi, che la vollero nella rivista “Io e la Margherita”, scoprendo l’amore per lo “swing”.
“Ancora oggi – ricorda Minoprio – provo una forte emozione nel pensare a quegli anni. Walter Chiari era un artista a tutto tondo, strutturato, brillante e serio. Il suo invito a venire a lavorare in Italia per me era come scoprire un mondo molto diverso rispetto a quello della mia crescita e della mia formazione familiare. In quel momento ho scoperto la libertà, una nuova visione del mondo lavorativo e artistico in un paese per me allora straniero, dove avevo la possibilità di imparare e di conoscere tanto”.
In Italia, dopo un piccolo ruolo nella commedia di Garinei e Giovannini, con musiche di Armando Trovajoli, “Ciao Rudy”, in cui lavorò a fianco di Marcello Mastroianni, Paola Pitagora, Raffaella Carrà e Ilaria Occhini, si dedicò al jazz e cominciò ad apparire nelle trasmissioni televisive “Noi maggiorenni” e “Noi canzonieri”.
“Quel periodo – rammenta Minoprio – aldilà dell’interesse artistico, lo ricordo anche come una sofferenza, perché in quegli anni le trasmissioni televisive cosiddette “minori”, quelle cioè di seconda serata, e che per giunta non appartenevano alla programmazione del sabato sera, venivano registrate lontano da casa: Milano o Napoli. E per me allontanarmi dalla famiglia era un dispiacere…”..
Il successo televisivo giunse con la trasmissione “Speciale per noi”. La sua apparizione con Fred Bongusto nella canzone “Quando mi dici così” – ritenuta “troppo sexy” – provocò un acceso dibattito tra i critici del tempo e anche una discussione parlamentare, a seguito della quale, come scrisse il giornalista Michele Anselmi sull’Unità del 22 maggio 1986, anche una estromissione dalla tv di Stato. Si sosteneva che “La televisione deve educare e scene del genere non educano…”.
“Se ripenso a quell’episodio – confessa Minnie Minoprio – mi viene voglia di dire che anche io, nel mio piccolo, ho dato un contributo all’evoluzione dell’Italia. La cornice sociale di quell’epoca era molto bigotta, troppo puritana. In quell’interpretazione musicale con Fred Bongusto non c’era niente di provocante e scandaloso: solo una bella ragazza, sorridente, che ammiccava al pubblico. Mi viene da ridere nel pensare che ciò che ieri era considerato così osé oggi, invece, è routine”.
Dopo altre apparizioni in diversi varietà televisivi, tra cui “Sai che ti dico?”, con Raimondo Vianello e Sandra Mondaini, “Al Paradise”, per le regia di Antonello Falqui e Michele Guardì, e programmi radiofonici, “Gran Varietà”, di Antonio Amurri, Dino Verde ed Enrico Vaime, ad un certo punto arriva la svolta artistica: la passione per la musica americana. Minnie Minoprio sceglie un nome d’arte: Magnolia Lee. “Mi ero accostata alla musica americana dei primi del Novecento e – racconta Minnie – pensai che quel tipo di musica cantata da una che si chiamava “Minnie Minoprio” era poco credibile… Il nome fittizio di “Magnolia Lee”, invece, rievocava atmosfere diverse e quindi pensai che poteva essere meglio accettato dal pubblico, perché più percepito come aderente al genere che volevo interpretare”.
Il rapporto con il pubblico. Minnie lo ha sempre voluto e avuto, in tutti i concerti e in tutte le serate di piazza. Su ogni palco dei mille campanili italiani era sempre un’emozione nuova e coinvolgente. Oggi è tutto diverso. “Il gusto del pubblico di oggi – precisa Minoprio – è cambiato tanto perché è cambiata la popolazione. Siamo saturi di tutto. Abbiamo avuto tutto. Siamo eccessivamente coccolati. Lo spettatore di oggi riceve di tutto e di più. Non ci si meraviglia più. Oramai siamo assuefatti a qualunque idea o novità. E’ pressoché difficile scuotere il pubblico dei nostri giorni. Negli anni ’70 e ’80 era tutto diverso”.
La perla artistica della carriera di Minnie Minoprio è stato il Galà di Montecarlo del primo marzo del 1984, in occasione del gran premio automobilistico. Un palcoscenico veramente blasonato. Mi chiamò Adriano Aragozzini. Venni presentata al pubblico come la vedette della serata, alla stregua di star quali Liza Minelli, Shirley Bassey e Sylvie Vartan, di casa allo Sporting Club o al teatro del Casinò. Vestita di tutto punto, con un bellissimo abito e accompagnata da una grande orchestra. Quel Galà l’ho sempre considerato un punto di arrivo per me, dopo tanti anni di gavetta in piccoli teatri e di tanta televisione fugace”.
Minnie Minoprio non ha rimpianti, né recriminazioni o cose di cui vergognarsi. “Ogni cosa ha il suo tempo. Tutto ciò che ho fatto – riflette – lo considero giusto e corretto se rapportato a quel mondo, a quegli anni e a quel contesto. Noi forse oggi non ricordiamo cosa sono stati gli anni ’70 e ’80: anni spregiudicati, carichi di esplosione e di trasgressione. In quegli anni anche io ho seguito l’onda…”.
Minnie negli anni d’oro della sua carriera riscuoteva simpatie e curiosità. Anche Federico Fellini volle conoscerla e incontrare più volte. “Sono stata tra le tante che ha voluto incontrare. Fellini – racconta Minnie – nella sua vita artistica sognava dei personaggi che cercava poi di trovare nella vita reale. Fui da lui invitata diverse volte per parlare di lavoro. Voleva capire se io potessi accostarmi ai suoi sogni. Io all’epoca ero un fruscello di donna e non potevo corrispondere ai suoi ideali”.
Minnie Minoprio oggi si occupa di tante cose e vive di jazz. Un passione, tante passioni. “Amo tutto ciò che è creativo. Sono sempre con le mani in pasta da qualche parte facendo qualcosa. Dal punto di vista musicale mi occupo di jazz dal 1980. Ho un gruppo con cui cerco di non far dimenticare questa musica, tanto gioiosa e bella. Lo faccio per divertirmi e per far conoscere il jazz alle nuove generazioni”.