INTERVISTA A CINZIA SALVATORI
“La linfa vitale dei sogni è la nostra vita quotidiana”
Come sta vivendo il suo “distanziamento sociale” Cinzia Salvatori?
“Vivere in maniera repentina un distanziamento sociale così improvviso, come donna e come psicoterapeuta, ha comportato, da un lato, il desiderio di incorporare nella mia giornata spazi diversi da dedicare a me stessa, alla mia famiglia e alla scoperta di vecchi e nuovi piaceri, che spesso erano relegati essenzialmente ai periodi di ferie e, dall’altro, il dispiacere per la perdita di contatto con la mia famiglia di origine, che vive in una regione diversa, e con i colleghi. Per non parlare del vis a vis con i miei pazienti. Ora che, pian piano, si sta tornando alla consuetudine riesco ad assaporare una sensazione di speranza, determinazione e progettualità che cerco di trasmettere a chi mi è intorno”.
Quarantena. Come la stanno vivendo i suoi pazienti?
“La quarantena per molti miei pazienti ha simboleggiato inizialmente una vera e propria catastrofe. Sono aumentati gli stati ansiosi e depressivi e, ovviamente, anche l’ipocondria e l’isolamento sociale. Alcuni hanno avuto difficoltà nel condividere uno spazio analitico virtuale ma gradualmente si sono adattati a questa nuova modalità.
Devo ammettere che è stato emozionante anche conoscere un piccolo spazio della loro vita casalinga e forse lo stesso è accaduto a loro. Hanno sbirciato uno scorcio dei miei spazi e ciò li ha stimolati ad andare avanti. Abbiamo lavorato molto bene compiendo passi in avanti nonostante la distanza fisica.
In questa fase 2 la maggior parte di loro esprime un forte senso di apatia. Se inizialmente il lock-down ha stimolato la loro fantasia riprendendo vecchi hobby o investendo le proprie energie in lavori domestici o ritrovando il perduto relax, ora hanno meno energie, sono disorientati e preoccupati, hanno la sensazione di sentirsi fermi con i piedi nelle sabbie mobili. Bisogna sperare di possedere una buona resilienza e accettare che anche l’apatia è parte dell’eredità del Coronavirus. Molti torneranno alla consuetudine seguendo i loro ritmi, altri avranno bisogno di essere aiutati”.
Prima del Covid-19 e oggi: quanti e quali sono i disagi e le difficoltà che lei riscontra?
“Le mie difficoltà sono più organizzative al momento. La ripresa del lavoro implica protezioni e distanziamenti che fanno percepire una distanza iniziale che poi si va affievolendo. Ho dovuto annullare le terapie e gli incontri di gruppo e questo ovviamente incide, ma sono rimasta in contatto con tutti e pronta a rispondere alle emergenze”.
Contagio, isolamento, lock-down, mascherine, distanza. Angoscia, ansia, inquietudine e stress. Cosa ci lascerà tutto questo?
“Credo che tutto questo lascerà temporaneamente una percezione di combattimento tra il desiderio di vicinanza e la paura della stessa. Sarà come vivere un disturbo post traumatico da stress al quale dovremo far fronte attraverso l’analisi e rivolgendosi a dei seri professionisti. Ovviamente, non per tutti sarà così, perché ci sarà chi, al contrario, godrà a pieno della ritrovata libertà”.
Il Coronavirus ha mutato anche le nostre notti. I sogni, cui lei ha dedicato un libro, ci stanno aiutando anche in questi giorni a capire dove va la nostra psiche? È mutato il nostro approccio ai sogni? Cosa si sogna più di frequente in questi giorni?
“La linfa vitale dei sogni è la nostra vita quotidiana. Un accadimento verificatosi nella nostra giornata può essere collegato a un vissuto del nostro inconscio, quindi, in questo particolare momento, i sogni dei miei pazienti si stanno dividendo in due categorie: angoscianti o progettuali, in base alla fase emotiva che stanno attraversando.
La “Sindrome della Capanna”, cui ho dedicato un articolo pochi giorni fa, evidenzia la difficoltà di affrontare le nuove sfide che prima erano semplicemente la nostra quotidianità: fare la spesa, guidare, recarsi a lavoro, incontrare gente… Bene, nei sogni tutto ciò è vissuto e a volte provoca angoscia, altre volte genera una soluzione”.
Dal 18 maggio c’è la ripartenza, seppur limitata e contenuta. Cosa fare per ripartire bene a livello mentale?
“È indispensabile ripartire per gradi. Iniziamo con piccoli passi e soprattutto chiediamoci cosa ci spaventa meno. Riprendere la quotidianità è difficile. Dobbiamo essere anche disposti a lasciare ciò che abbiamo iniziato, poiché avremo meno tempo a disposizione. Intanto, cerchiamo di svegliarci prima in modo da poter svolgere tutto ciò che è necessario con la dovuta calma. Se dobbiamo spostarci con i mezzi pubblici pensiamo che la distanza e le precauzioni che stiamo prendendo (mascherine, guanti, gel disinfettante) possono evitare il contagio. Se è il traffico a preoccuparci prepariamo una playlist che possa accompagnarci. La sera cerchiamo di ritagliarci un momento di relax per conciliare il sonno e approfittiamo di questo momento per eseguire dei piccoli esercizi di respirazione (sulla mia pagina Facebook trovate un piccolo suggerimento sui “Respiri di Emergenza”). Procedete sempre a piccoli passi, senza esagerare, dobbiamo accettare che questa fase è particolarmente complessa per tutti noi. Non sentiamoci soli”.
Gli anziani hanno paura, come star loro vicini?
“Gli anziani sono stati, purtroppo, i più colpiti fisicamente e emotivamente. Dobbiamo assolutamente star vicino a loro il più possibile. Usiamo la tecnologia per le videochiamate, parliamo poco con loro della malattia e cerchiamo di distrarli. Incoraggiamoli ricordando loro che hanno superato momenti difficili forse ancor più di questo, come la guerra, con l’assenza di cibo e dei generi di prima necessità. Cerchiamo di farli sentire utili se sono in casa con noi e passiamo del tempo con loro se vivono soli”.
I più piccoli e questo tempo sospeso. Come aiutarli?
“I bambini sono stati colpiti nell’aspetto scolastico ed emotivo. È stato difficile far comprendere loro che la scuola non è finita. I poveri genitori stanno combattendo con le lezioni online o con le spiegazioni, che solitamente spettano agli insegnanti. Hanno provato rabbia, angoscia e frustrazione, perché le dinamiche che si innescano sono complesse. È bene organizzare il tempo in modo da consentire al bambino di comprendere che dopo ore di studio avrà anche spazio per giocare. Cerchiamo di stimolarlo attraverso attività che possano coinvolgerlo provando a chiedergli cosa preferisce fare. È assolutamente importante spiegare ai piccoli tutto ciò che sta accadendo attraverso parole semplici, storie o giochi.
Non sono incapaci di comprendere e in più vivono costantemente le emozioni sia positive che negative anche se, soprattutto i più piccoli, non sono in grado di esprimerle in una modalità comprensibile per l’adulto.
Non ricordiamo cosa significa essere bambino e questo genera incomprensioni! Proviamo a far sì che mantengano un contatto con i pazienti e gli amici lontani, fortunatamente la tecnologia aiuta molto in questo. Se il Covid-19 fosse stato il male degli anni ’80 o ’90 ne avremmo sicuramente risentito maggiormente perché non si possedevano tutti questi mezzi comunicativi e questo mi fa pensare che sto invecchiando”.
Come cambia la psicologia, il suo modo di approcciarsi all’analisi con i pazienti, al tempo del Covid-19?
“Come ho già accennato prima, le terapie sono proseguite online. Nonostante l’iniziale perplessità tale modalità ha esordito gli stessi effetti ma noi ne eravamo già consapevoli perché mastichiamo Skype da tempo con pazienti che hanno dovuto cambiare città o con chi vive già in una regione diversa. Ho accolto i nuovi timori e rassicurato i miei pazienti continuando ad essere sempre presente e ovviamente anche più disponibile in questo periodo. Si sono talmente abituati ora che sarà difficile riportarli in studio. A parte gli scherzi, sto facendo in modo che anche la ripresa dello spazio analitico sia graduale perché il paziente possa sentire di non dover correre ma procedere lentamente.
Ma quando apro la porta e i nostri occhi si incontrano si percepisce il sorriso e il calore nonostante la bocca e il naso siano coperte dalle mascherine… L’analisi siamo noi: lo psicoterapeuta e il paziente. Il resto è una cornice”.
Cinzia Salvatori, Psicologa e Psicoterapeuta,
Autrice del libro “Non smettere mai di sognare. I sogni dei pazienti in analisi”