Test per la cittadinanza: quanti italiani vengono espulsi?
La proposta di legge (n. 1592) “per l’introduzione dell’esame di naturalizzazione per gli stranieri e gli apolidi che richiedono la cittadinanza italiana” pone, se accolta ed emanata, la domanda: quanti sono gli italiani stranieri in patria?
Richiedere un livello culturale adeguato per l’integrazione, infatti, presuppone che lo stesso livello culturale sia stato raggiunto da parte della comunità accogliente. La proposta di legge, all’art.2 – Modalità dell’esame – prevede: “L’esame di naturalizzazione… è finalizzato a verificare la conoscenza da parte del richiedente la cittadinanza italiana, della lingua italiana e locale, dell’educazione civica, della storia, della cultura e delle tradizioni, nonché dei sistemi istituzionali nazionali e locali”.In Italia, il 20% degli studenti che oggi esce dalla scuola media inferiore non sa leggere o scrivere; su circa 57 milioni di italiani poco più di 3,5 milioni sono forniti di laurea; 14 milioni hanno un titolo di media superiore e ben 22,5 milioni sono privi di titolo di studio o al massimo, possiedono la licenza elementare. Il 66% della popolazione dispone di una formazione insufficiente, sono quasi 36 milioni gli italiani da considerarsi analfabeti totali, semi-analfabeti o analfabeti di ritorno sprovvisti dei mezzi culturali adeguati per partecipare informata allo sviluppo della società.
L’Italia è quasi ultima tra i 30 Paesi più istruiti, superata solo dal Portogallo e dal Messico.
{Cinque italiani su cento tra i 14 e i 65 anni non sanno distinguere una lettera da un’altra, una cifra dall’altra. Trentotto lo sanno fare, ma riescono solo a leggere con difficoltà una scritta e a decifrare qualche cifra. Trentatré superano questa condizione ma qui si fermano: un testo scritto che riguardi fatti collettivi, di rilievo anche nella vita quotidiana, è oltre la portata delle loro capacità di lettura e scrittura, un grafico con qualche percentuale è un’icona incomprensibile.
Secondo specialisti internazionali, soltanto il 20 per cento della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea.
Questi dati risultano da due diverse indagini comparative svolte nel 1999-2000 e nel 2004-2005 in diversi paesi. Ad accurati campioni di popolazione in età lavorativa è stato chiesto di rispondere a questionari: uno, elementarissimo, di accesso, e cinque di difficoltà crescente. Si sono così osservate le effettive capacità di lettura, comprensione e calcolo degli intervistati, e nella seconda indagine anche le capacità di problem solving.(Tullio de Mauro)
Le fonti di questo articolo sono due successive indagini internazionali i cui risultati sono stati pubblicati a cura di Vittoria Gallina, ricercatrice del Cede, poi Invalsi, in due volumi, il primo con prefazione di Benedetto Vertecchi: La competenza alfabetica in Italia. Una ricerca sulla cultura della popolazione (Franco Angeli 2000); Letteratismo e abilità per la vita. Indagine nazionale sulla popolazione italiana 16-65 anni (Armando editore 2006).}
Diversi esperti che valutano il ristagno produttivo italiano, che dura dagli anni novanta, frutto dei bassi livelli di competenza, e la povertà nazionale di conoscenze come un fatto negativo anzitutto per il funzionamento delle scuole e per la vita sociale e democratica. Questi dati sono stati resi pubblici in Italia nel 2001 e nel 2006, senza reazioni apprezzabili da parte dei mezzi di informazione e dei leader politici.
Chiedersi quanto sia legittimo “l’esame di naturalizzazione” in un tale contesto è d’obbligo. Oltre al dubbio di quanti italiani riuscirebbero a mantenere la propria cittadinanza, la richiesta della lingua locale, potrebbe diventare un test applicabile anche ai trasferimenti interni, non è chiaro perché uno straniero debba avere una conoscenza della lingua locale, mentre un piemontese non debba sostenere un test se si trasferisce in Sardegna oppure un lucano non debba sostenere un test se si trasferisce in Veneto.