Gigi Buffon: ecco “la storia del ‘boia chi molla’ e del numero 88”
“…la storia del “boia chi molla” e del numero “88”. Per me il “boia chi molla” non è stato un errore, al massimo una botta d’ignoranza. Grave, non sapere, ma da qui allo scandalo che ne è uscito c’è un abisso. Semplicemente non ero a conoscenza della radice storica della frase. Non sapevo che quest’espressione appartenesse alla tradizione fascista e che fosse stato lo slogan della sanguinosa rivolta di Reggio Calabria del 1970, anche se ho letto che alcuni storici la fanno risalire addirittura alla Repubblica napoletana del 1799 e che nella Prima guerra mondiale era il motto degli Arditi”. E’ quanto racconta Gigi Buffon, il portiere della Juventus e della Nazionale, nel libro “Numero 1”, scritto con il giornalista Roberto Perrone, edito da Rizzoli, a proposito delle polemiche che suscitarono in Italia e nella comunità ebraica la sua frase ‘boia chi molla’ e la scelta del numero – 88 – della sua maglietta.
“Vabbé – confessa Buffon – Adesso che c’è internet ti documenti in fratta, ma a me quel motto era venuto dal cassetto di un tavolo in collegio. Lì, a tredici anni, avevo trovato quella scritta intagliata. Erano i primi anni che ero fuori casa, era un periodo difficile dal punto di vista psicologico. Feci mia la frase come incitamento a resistere, senza avere o sospettare ideologie politiche, e la tirai fuori sei, sette anni dopo quando la squadra stava attraversando un momento delicato…”.
“Venni crocefisso. Ancora adesso – dice il portierone – mi stupisce quel clamore. Capisco lo sbaglio e il fatto che, avendolo commesso una persona famosa acquistasse un rilievo particolare. Ma in questa vicenda mi ha sempre sconcertato la mancanza di buon senso. Mi spiego: tutto è relativo, nella vita esistono sfumature di colore, invece c’è gente che giudica con una certezza granitica, senza considerare che un margine d’errore, tra gli esseri umani, è sempre possibile”.
“Però – racconta ancora Buffon a pagina 119 del libro – la storia dell’88 non fu un errore. Se ci penso mi viene ancora adesso da ridere, Mi ricordo che era il 2000 ed era il primo anno che si poteva scegliere il numero. Io chiesi alla società lo 00, che per me era il simbolo delle palle. Lo consideravo anche il simbolo della rinascita dopo l’infortunio che mi aveva impedito di andare all’Europeo in Belgio e Olanda. Mi dissero di no, che lo 00 non si poteva. “Allora” risposi “prendo l’88, che di palle ne ha quattro”. Non l’avessi mai fatto. Divenni il “nazista”, Buffion”.
“Insorsero tutti – sottolinea Gigi Buffon – ma soprattutto – lo ricordo benissimo – Vittorio Pavoncello, responsabile sport della comunità ebraica di Roma, che pretese le mie scuse. Ma di cosa mi dovevo scusare? Del fatto che “88” per i nazisti significa “Heil Hitler” perché l’ottava lettera dell’alfabeto tedesco è la “h”? Ma chi lo sapeva, chi lo sa, a parte chi nazista lo è davvero? Ma dài. Questo Pavoncello mi massacrò. Così la società mi invitò a chiedere scusa e a cambiare numero: presi il 77. Dopo una puntigliosa ricerca in archivio, perché magari significava qualcosa per i coltivatori di papaya del Perù. Ecco, di questo mi pento. Sono stato un debole. Non dovevo chiedere scusa e dovevo impuntarmi per tenere il numero che avevo scelto”.