Giustizia per le vittime di Podlech
L’inchiesta del procuratore Capaldo, a Roma, sulle responsabilità di Alfonso Podlech Michaud, Procuratore Militare di Pinochet si arricchisce di nuove testimonianze.
Nella settimana sono stati sentiti dal procuratore Capaldo: Fresia Cea Villalobos, moglie di Omar Venturelli Leonelli, l’ex sacerdote italo cileno, professore di pedagogia all’Università Cattolica di Temuco, arrestato a Temuco il 25 settembre 1973 e scomparso dopo un ordine di scarcerazione; Carlos Lopez Jara e Jeremias Levinao ex prigionieri politici cileni detenuti nel carcere a Temuco e la vedova di Enriquez Aravena, capo del Servizio Nazionale Sanitario delle Province di Malleco e Cautín, militante del Partito Comunista ucciso in carcere e il cui corpo non è mai stato restituito alla sua famiglia.
Podlech Michaud è accusato insieme ad altre 139 persone della scomparsa di 25 cittadini di origine italiana, detenuto nel carcere romano di Rebibbia, è stato arrestato il 27 luglio del 2008 all’aeroporto di Madrid in esecuzione dell’ordinanza del giudice spagnolo Baltasar Garzón, in seguito alla richiesta pervenutagli dal Procuratore aggiunto di Roma, Giancarlo Capaldo, nell’ambito del procedimento penale riguardante le vittime italiane dell’«Operazione Cóndor», il piano criminale messo in atto dalle polizie segrete dei vari paesi latinoamericani guidate e coordinate dalla CIA.
La difesa di Podlech si basa sulle dichiarazioni, che lo stesso Podlech ha reso alla magistratura romana, secondo le quali egli nel 1973, anno della scomparsa di Omar Venturelli non era ancora Procuratore Militare di Temuco, incarico che avrebbe ricoperto soltanto dal 1974.
I testimoni hanno evidenziato le responsabilità di Alfonso Podlech Michaud dicendo che era Procuratore Militare già dallo stesso giorno del golpe cileno, l’11 settembre 1973, e come abbia di fatto diretto tutto l’apparato repressivo nella regione dell’Araucanía, firmando condanne di detenzione ed impartendo ordini ai militari.
Molti i militari ed i vertici dell’esercito, in Cile, che grazie a vecchie leggi, retaggio della dittatura di Pinochet ancora vigenti nel Paese, beneficiano di impunità per i crimini di cui vengono accusati da numerosi ex prigionieri politici.
Quello che può sembrare paradossale e terribile allo stesso tempo è che delle persone debbano sperare in un magistrato italiano, migliaia di chilometri lontano dal loro Paese, per ottenere giustizia per le violenze subite, per la morte e la scomparsa dei loro cari.