Appello per Rudra Bianzino


Per Rudra invitiamo a contribuire sul conto corrente aperto presso Banca Etica, IBAN: IT61R0501812100000000128988 BIC: CCRTIT2T84A intestato a: “PER RUDRA BIANZINO”.

Vogliamo evidenziare la vicenda di Aldo Bianzino, una tragedia senza tempo dove i diritti fondamentali alla vita sono mancati, tutto ciò è angosciante. Adesso è morta Roberta Radici, la moglie di Aldo. Rudra, il figlio di Aldo e Roberta non può essere lasciato solo.
Ci uniamo all’appello.

Dal blog di Beppe Grillo ttp://www.beppegrillo.it/2009/07/un_appello_per_rudra_bianzino.html   Roberta Radici è morta in un ospedale in attesa di un trapianto di fegato. Il suo nome non dirà molto a chi segue la televisione o legge i giornali. Era la vedova di un falegname, Aldo Bianzino, morto in carcere, la cui colpa era coltivare piantine di canapa indiana nell’orto0(……)Rudra ora è solo. Deve sostenere le spese per il processo penale contro i carcerieri di Aldo e studiare, prepararsi a un futuro. Lancio insieme a Jacopo Fo e al Meetup di Perugia una sottoscrizione per Rudra. Il blog seguirà il processo Bianzino fino alla fine, come ha fatto per i processi Rasman e Aldrovandi. Un filo rosso di vergogna per le istituzioni unisce tra loro queste morti di innocenti.
Non lasciamo solo questo ragazzino. Facciamolo per noi, prima ancora che per lui.
Aldo Bianzino
dal sito  http://veritaperaldo.noblogs.org/  28 Dicembre, 2007
«Siamo qua per raccontare la storia di un uomo, un mite falegname, esile, meditativo, incensurato.
Quest’uomo era un padre, un fratello, un figlio, un compagno di vita, un pacifico, un buono, un gran lavoratore, un giovane di 44 anni che aveva ancora tanto da dare a questo mondo.
La mattina del 12 ottobre scorso una pattuglia di carabinieri ha trovato alcune piantine di marijuana nel terreno del suo casolare di campagna, coltivate per uso personale, e per questo lo ha prelevato ed affidato alle patrie galere. Ha salutato il figlio quattordicenne e la nonna novantunenne (lasciati soli nella cascina isolata tra gli Appennini umbri) con la serenità che lo ha sempre contraddistinto e con la sicurezza di essere di ritorno entro pochi giorni. Nel carcere di Capanne è stato sottoposto ad una visita medica che lo ha dichiarato in perfetta salute e poi rinchiuso in una cella di isolamento, da cui e’ uscito morto due giorni più tardi.
Nel frattempo non c’e’ stata un’udienza di convalida dell’arresto, non è entrato in contatto con altri detenuti, non ha contattato nessuno esterno al carcere.
Cosa sia invece successo in quella cella stanno ancora provando a stabilirlo le indagini, a quasi due mesi di distanza. Le analisi autoptiche parlano di lacerazioni ed emorragie a fegato e cervello, ma di nessun segno esterno di violenza. Quello che possiamo immaginare è una violenza compiuta da un “professionista” o, nella “migliore” delle ipotesi, un’omissione di soccorso. Quello che possiamo fare è, invece, affidare le nostre speranze ad uno stato che indaga su se stesso, in cui un fatto così grave viene sovrastato da casi di cronaca più “interessanti”, magari con qualche scandalo sessuale, sicuramente senza il coinvolgimento di pubbliche istituzioni. Quello che possiamo sperare è che sia fatta chiarezza su questo caso, che sia resa “giustizia” e dignità ad una persona, che tragedie del genere non siano più rese possibili».

Carmelo Sorbera

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