Simone Saccucci, il cantastorie delle cave e della discarica

VENERDI 25 LUGLIO IN CONCERTO A RIANO. Quando l’ho ascoltato per la prima volta in radio mi sono detto: molto interessante, devo riuscire a contattarlo. Grazie ad un’amica ci sono riuscito. Gli ho telefonato e gli ho proposto di vederci per conoscerci e parlare del suo approccio artistico. L’originalità del suo stile sta nella sua semplicità. Nella semplicità con cui parla e canta di cose serie e profonde, facendo partecipare il pubblico. Due esempi su tutti: la discarica dei rifiuti, con cui a Guidonia convive da 25 anni, e il lavoro in cava di travertino, di cui la sua città è ricca. Assistere ai suoi spettacoli è una goduria per la testa e per il cuore. Provare per credere…

Io ti ho conosciuto ascoltando i racconti e le tue canzoni a Radio24. Ho subito colto l’originalità del tuo stile. Come nasci artisticamente parlando?

“Artisticamente nasco con le storie ascoltate dai miei nonni. Storie a cui mi sono appassionato sin da piccolo. Ho cominciato poi a portarle in giro e piano piano, attraverso il raccontarle, cominciavo a conoscere sempre meglio il posto in cui vivevo. E più lo conoscevo e più gli volevo bene. La cosa mi piaceva, perché era un pò come volersi bene. Mi volevo bene perché volevo bene al mio paese”.

A chi ti ispiri?
“Io mi ispiro a tantissime persone, per esempio ad un cantante folk che amo tantissimo, Pete Seeger, che è morto recentemente. Lui nei suoi concerti faceva cantare il pubblico, sicuramente meglio di me…”.

Quali le storie di cui parli nei tuoi spettacoli?
“Le storie che racconto nel mio spettacolo sono storie che valgono per tutti i luoghi, perché sono innanzitutto storie di emigrazione, di gente che parte da un posto e arriva ad un altro per cercare fortuna e qui vi costruisce la sua casa e mette su la sua famiglia. Sono storie però che guardano all’oggi: le trasformazioni urbanistiche, l’abusivismo edilizio, la discarica, nel mio caso quella di Guidonia, nel vostro caso la bella lotta contro la discarica post Malagrotta. E sono anche storie di lavoro. Lavoro di oggi e di ieri. Per esempio il lavoro in cava, come vi si lavorava, i fatti che vi sono accaduti. Sono storie che raccontano un po’ la vita quotidiana tra ieri e oggi”.

Ho letto che un tuo spettacolo è stato ripreso e trasmesso dalla BBC…
“E’ stata una bella esperienza, vissuta sempre grazie a Radio24. Un giornalista della BBC ha ascoltato Radio24 e ha partorito il progetto. Era l’anno in cui dovevo fare uno spettacolo proprio all’interno di una cava e quindi la BBC è venuta a Guidonia e ha ripreso tutto lo spettacolo: dall’allestimento alla messa in scena, fino all’intervista che mi è stata poi realizzata. L’esperienza ha avuto anche un seguito, dal momento che mi capita spesso di andare in Inghilterra a fare spettacoli e raccontare agli inglesi le storie dei miei nonni”.

Tu definisci il tuo teatro “partecipativo”. Cosa significa?
“Le storie che racconto non sono storie mie. Io le ho raccolte, ci ho scritto su delle canzoni e le propongo al pubblico, che le racconta insieme a me. Al pubblico, infatti, io chiedo di raccontarle assieme, perché non me la prendo la responsabilità di raccontarle da solo… Durante lo spettacolo parlo molto con il pubblico, che peraltro invito a cantare con me. Ecco perché, quindi, parlo di teatro partecipativo, di teatro che si fa passo dopo passo assieme al pubblico, nella speranza che il pubblico si scrolli dal ruolo classico di astante, di elargitore di applausi e sia invece protagonista proprio come me della serata”.

Sei di Guidonia, città di cave di travertino e luogo che ospita una discarica dei rifiuti. Discarica e cava. Due temi che fanno da sfondo ai tuoi spettacoli. Quale il tuo approccio culturale, artistico e civile nei confronti di questi temi?
“A Guidonia è più di 25 anni che viviamo con la discarica. Io ho perso mio padre a causa della leucemia, perché Guidonia fa parte del famoso “triangolo dei tumori”, come lo aveva definito il professor Mandelli. Mio padre fu una delle prime vittime. La discarica è un posto che pesa parecchio. Io la discarica me la sono trovata. Non ho avuto la possibilità di dire di no, come tanti che invece l’hanno combattuta. E averla trovata dall’inizio ha significato anche fare un passo indietro: è come se dovessi anche voler bene alla discarica per poter poi cercare di contrastarla in qualunque modo. Per la cava è lo stesso discorso, anche se meno problematico. Anche a Guidonia i terreni delle cave calano sempre di più: 10 millimetri al giorno ha documentato l’Università “La Sapienza” un paio d’anni fa con una ricerca… Ma anche le cave sono una dimensione che ci appartiene, perché danno lavoro. La soluzione sta nel trovare un equilibrio tra le problematiche e le potenzialità”.

Riano, dove tu ti esibirai nell’ambito del Riano Festiva nelle Cave 2014, ha di recente condotto per oltre un anno una dura, determinata e vincente lotta contro chi voleva costruirvi la discarica post Malagrotta. Quale messaggio senti di dover lanciare agli abitanti di Riano?
“Di tenere sempre gli occhi aperti. Sicuramente un modo stupendo è proprio questo che state facendo da sette anni: cercare di far vivere nelle cave la cultura. Organizzare nelle cave i festival, come risposta a chi vede le cave come bidoni da riempire. Far appassionare sempre di più i cittadini al proprio territorio, in maniera tale che saranno proprio i cittadini a lottare sempre in sua difesa quando ce ne sarà bisogno…”.

Italo Arcuri

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