Dell’Utri: “Io vittima antimafia e Mangano un eroe. Saviano? Ha ragione”

“Penso che Roberto Saviano abbia ragione a voler andarsene dall’Italia. Il libro che ha scritto e’ un libro denuncia e in quanto tale oggetto di tante attenzioni poco piacevoli. Quindi capisco che possa avere paura, non ci vedo niente di male”. Cosi’ il senatore Marcello Dell’Utri, intervistato da Klaus Davi parla delle recenti dichiarazioni dell’autore di Gomorra in merito a un suo possibile espatrio.

“Certamente non e’ una gran pubblicita’ per il nostro paese- continua Dell’Utri- anche se il male, purtroppo, esiste e quindi non possiamo negarlo. Forse pero’ non dovrebbe essere enfatizzato in questo modo. Tuttavia non possiamo neppure negare che non ci siano questi problemi. Il premier Berlusconi e’ andato a Napoli per affrontare il problema della monnezza ed e’ riuscito a toglierla dalle strade, ma la camorra non e’ altrettanto facile da estirpare”.

“Vittorio Mangano, malato com’era – continua Dell’Utri – sarebbe potuto uscire dal carcere e andare a casa, se avesse detto solo una parola contro di me o contro il presidente Berlusconi. Invece non lo ha fatto. Per me e’ un eroe, a modo suo. Un conto e’ dire cosi’, un conto dire che e’ un eroe in senso assoluto”.

“Tra le tante persone assunte ad Arcore – spiega – c’era anche Mangano, che io conoscevo e sapevo bravo nella conduzione degli animali, perche’ li’ c’erano soprattutto cani e cavalli. Mangano fu scelto per stare ad Arcore come stalliere e si comporto’ benissimo. A parte il fatto che parliamo del 1974 – dice a proposito della sua presunta raccomandazione – cercavamo semplicemente del personale adatto per la tenuta della casa di Arcore con i suoi 100 ettari di terreno”.

Ultimo pensiero per la condanna all’ergastolo comminata in primo grado contro lo ‘stalliere di Arcore’, senza che, osserva l’intervistatore, dopo la sua morte, siano seguiti gli altri passaggi previsti dalla legge: “Questo accade perche’ la sinistra e’ garantista solo all’interno della stessa sinistra”.

Nell’ampia intervista si tocca anche il tasto antimafia: “Non e’ finita. C’e’ e ci sara’ finche’ esiste la mafia ed e’ un bene. Credo, tuttavia, che, allo stato attuale, il rapporto tra costi e benefici sia assolutamente sproporzionato, soprattutto quando alcuni procuratori antimafia ‘fanno politica’”. In questo caso il riferimento del senatore Pdl e’ alle parole del procuratore capo di Torino, Gian Carlo Caselli, circa l’impossibilita’ per i giudici di processare i politici collusi con la mafia: “E’ giusto che l’Antimafia faccia il suo lavoro e si impegni. Certamente tra le tante richieste e le tante accuse che ha lanciato e formalizzato, alcune sono finite nel nulla. Ad esempio, io ero certo dell’innocenza dell’onorevole Mannino. Antimafia si’, insomma, ma evitando di fare politica. Questo per me e’ un must. In un Paese civile deve essere cosi'”.

“Purtroppo – afferma dell’Utri – spesso non lo e’ stato. Non solo l’Antimafia, quanto piuttosto i procuratori di Palermo hanno usato molto e a sproposito lo strumento dell’aggressione politica. Io, onestamente – rivendica – me ne sento in assoluto una vittima. Non ci sarebbe stata l’accusa nei miei confronti se non ci fosse stata la grande affermazione di Forza Italia in Sicilia nel 1994. Piu’ che intercettazioni, a inchiodarmi sono state dichiarazioni di pentiti suggerite, perche’ in molte inchieste molti pentiti hanno parlato di me due anni dopo le loro confessioni. Alcuni si sono accorti che io esistevo quando e’ iniziato il mio processo. Non avrebbero saputo neanche chi fossi, se non fossi salito alla ribalta per via politica”.

Quinews

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