Sacconi, la settimana corta, i posti di lavoro e i salari

Il ministro del Lavoro Maurizio Sacconi, in una intervista al quotidiano ‘la Repubblica’, spiega il suo piano per salvare i posti di lavoro. Tra le ipotesi, quella di introdurre la settimana corta, con meno ore lavorate e salari ridotti, che sarà presentata dal governo alle parti sociali e alle Regioni. “A differenza della Germania – sottolinea il ministro Sacconi – noi abbiamo già un robusto sistema di ammortizzatori sociali che ci consente di spalmare un minor carico di lavoro su più persone. Questa è la funzione della cassa integrazione a rotazione e non a zero ore, e della stessa cassa integrazione ordinaria. Si può andare in cassa integrazione per una parte della settimana e lavorare per la restante. Ma penso anche ai contratti di solidarietà”.

Sacconi sottolinea che, a fronte di retribuzioni più basse, “ci sarà l’integrazione del sostegno al reddito. Alla fine la perdita sarà minima” e che “dobbiamo evitare di dare vita a un sistema di self service per la cassa integrazione che non può trasformarsi in un rubinetto sempre aperto. In questo modo l’azienda diventa ‘irresponsabile’ e al primo segnale di crisi fugge dalle proprie responsabilità e taglia anche il suo capitale umano che, invece, è il patrimonio fondamentale per rilanciarsi. Questo sarà il tema centrale del G14 che terremo a Roma il 29 marzo perché si deve guardare alla dimensione umana della crisi non solo agli aspetti finanziari”.

Il ministro del Lavoro annuncia quindi che “stiamo pensando a un’unità di crisi del ministero del Lavoro collegata, per la parte di sua competenza, con il dicastero dello Sviluppo economico. Il nostro obiettivo è quello di ancorare le persone alla dimensione produttiva. Per farlo serve un accordo di straordinaria e leale collaborazione con le Regioni e poi con le parti sociali: un patto per proteggere le persone”. Sacconi evidenzia che “le Regioni dispongono di importanti fondi europei, compreso il Fondo sociale. In secondo luogo hanno competenza sulla formazione. E guai a noi se in una stagione così straordinaria bruciassimo, come spesso purtroppo è accaduto, queste risorse per fare la festa dei formatori. Dunque, quel patto è fondamentale per filtrare le richieste per la cassa integrazione e per condividere i costi, perché servono tanti soldi”.

Sacconi precisa di “condividere l’ottimismo del premier circa la possibilità di uscire presto dalla crisi. La penso come Berlusconi: non ho mai conosciuto un pessimista che abbia avuto successo. Per questo diciamo agli imprenditori di non scappare perché la crisi può durare poco”. E precisa: “Io credo che si debba attraversare un tunnel da cui potremmo uscire più robusti e soprattutto con le persone più “occupabili”, come dice l’Europa”. Sulle stime di Confindustria di 600 mila posti di lavoro a rischio, circa un milione per i sindacati, il ministro del Lavoro commenta: “Credo che sia giusto prendere in esame anche gli scenari peggiori ma le imprese non devono dare l’idea che le prime difficoltà si traducano in una espulsione di manodopera”.

L’ipotesi indicata dal ministro Sacconi di introdurre la settimana corta, tagliando le ore lavorate ed i salari “è una delle modalità che normalmente si utilizza in momenti di crisi per distribuire risorse di Welfare, per distribuire lavoro e occupazione, che diminuisce, tra un numero di gente più elevato, riducendo l’orario di lavoro, che sia giornaliero o settimanale, ed ovviamente anche il salario”. Lo sostiene il ministro della Pubblica Amministrazione e Innovazione, Renato Brunetta, a margine di una conferenza al Senato, sottolineando che “la cassetta degli attrezzi per le politiche del lavoro è molto densa e prevede tanti strumenti”.

Per il segretario di Rifondazione Comunista, Paolo Ferrero, una settimana corta sul modello adottato da Angela Merkel in Germania è “un’ottima idea, perché mantiene il posto di lavoro, riduce a tutti l’orario ed evita l’emarginazione e il licenziamento”. In un’intervista al ‘Corriere della Sera’, però, il leader di Rifondazione spiega che “il nostro sistema produttivo è fatto di piccolissime imprese” che saranno quelle più colpite. Bisognerebbe estendere il provvedimento anche a loro, anche alle partite Iva, anche ai garzoni”. Per reperire i fondi, Ferrero suggerisce di “rimettere la tassa di successione e introdurre una patrimoniale sopra i 500mila euro”. E poi “aumentare le aliquote fiscali al di sopra dei 100mila euro e le imposte sulle rendite finanziarie al 20% sopra i 200-300mila euro”.

“Dall’intervista del ministro Sacconi – dichiara Gianni Pagliarini, responsabile lavoro del PdCI – emergono due questioni, difficilmente confutabili. La prima: il governo appare allo sbando, visto che all’ottimismo demagogico di Berlusconi risponde il ministro del Lavoro costretto a smentire il premier, riconoscendo gli effetti della crisi sulla vita delle persone. La seconda: la ricetta proposta da Sacconi è fallimentare in partenza. Proporre di affrontare la crisi facendo finta di richiamare le imprese ad un’assunzione di responsabilità e in realtà proponendo cassintegrazioni e contratti di solidarietà, significa scaricarne tutti i costi sulle famiglie e sui lavoratori. Ciò significa non fare alcun passo verso la risoluzione del drammatico problema occupazionale che scaturirà dalle difficoltà economiche, aggravando anzi la questione salariale che assilla milioni di persone. Sarebbero queste le grande idee per portare il Paese fuori dalla crisi? Suvvia – conclude Pagliarini – non scherziamo. La realtà è che a palazzo Chigi si brancola nel buio”.

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