“Torino? Il caso di Eluana è completamente differente”

Shahram Sherkat – Durante la discussione dei temi etici e religiosi conseguenti al caso di Eluana Englaro, irrompe la notizia che a Torino, presso l’Ospedale Le Molinette, un’equipe neurochirurgia ha risvegliato una paziente che versava in uno stato vegetativo persistente. Mediante la stimolazione corticale extra durale bifocale i neurochirurghi dell’Ospedale Torinese avrebbero risvegliato la giovane paziente, facendole addirittura eseguire movimenti a comando. Abbiamo chiesto a Shahram Sherkat, Dirigente Medico dell’Unita Operativa Complessa di Neurochirurgia dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma di esprimere un parere circa la possibilità di far riemergere dal coma i pazienti con lesioni cerebrali gravi.

Dr Sherkat, è possibile che un paziente che giace in coma per mesi – o addirittura anni -possa ridestarsi e gratificare l’amorevole attesa dei propri congiunti?
“Quando una zona del cervello è interessata da un danno strutturale grave, la funzione a cui quella zona era preposta è compromessa e insostituibile. Un essere umano è tale perché ha un organo ben preciso che glielo consente. Parlo del tronco encefalico, che è la sede della vigilanza. La funzione del tronco encefalico è quella di mantenerci svegli e reattivi. Le reazioni che nascono dagli impulsi esterni sono convogliate dal tronco encefalico sulla corteccia cerebrale, a parecchi centimetri di distanza. La corteccia cerebrale elabora gli stimoli e distribuisce segnali alle altre zone del cervello che, a loro volta, elaborano complesse risposte mentali, motorie e psichiche. Nulla finora inventato dall’Uomo è riuscito a sostituire questi delicati circuiti cerebrali. Un paziente in stato vegetativo persistente è una persona il cui tronco encefalico ha perso i contatti con la corteccia cerebrale. Parlo di parecchi miliardi di finissime fibre nervose, tutte
interrotte”.

Come si spiega allora il caso di Torino?
“Non ho potuto valutare lo stato clinico della paziente prima della stimolazione alla quale è stata sottoposta e, perciò il mio giudizio è basato solo su quanto ho visto nei vari tg. Penso che la procedura sia molto empirica e scarsamente riproducibile su altri pazienti. Credo che la paziente avesse comunque un tronco encefalico reattivo e vitale e che potesse eseguire comunque dei movimenti finalistici per conto proprio. Una stimolazione delle meningi è troppo grossolana per potere sostituirsi ai circuiti cerebrali che la paziente ha perduto. In definitiva, qualche piccolo movimento di un braccio non è assolutamente sufficiente per dichiarare che la paziente potrà un giorno riacquistare la coscienza. Se la paziente è cosciente, cosa di cui dubito, lo è sempre stata, anche se in minima parte. Molti paziente da noi trattati, del resto, sviluppano queste capacità motorie senza la stimolazione elettrica delle meningi, anche a mesi di distanza”.

Non c’è quindi speranza, a suo parere?
“No. Almeno finché l’Uomo non sarà in grado riconnettere centinaia di miliardi di fibre nervose interrotte. Calcoli che per contare da uno a un miliardo, alla cadenza di un secondo alla volta i vogliono 32 anni! Le cellule staminali? Le cellule staminali hanno la capacità di riprodursi e di differenziarsi in tessuti specializzati, come quello muscolare e anche quello nervoso ma, se non indirizzate una per una, non potranno mai riprodurre esattamente i neuroni orientati in un circuito nervoso complesso… Se applicate le cellule staminali su una struttura fibrosa come lo scheletro connettivale di un cuore, queste possono rivestirlo e teoricamente sostituire le cellule muscolari cardiache ma, con il cervello, la faccenda è ben più complessa”.

Un suo parere sul caso Englaro
“Vede, ogni neurochirurgo ha dei pazienti la cui cura non ha avuto successo. I miei scheletri nell’armadio sono per così dire vivi. Sono i pazienti come Eluana: sono formalmente vivi ma non vivono… trascorrono anche parecchi anni perché cessino la loro esistenza. Nel frattempo, i loro congiunti sacrificano e stravolgono la propria, di vita. Inoltre, il caso di Eluana è completamente differente: dura da diciassette anni e se in tutto questo tempo non ci sono stati miglioramenti spontanei, è folle e contro ogni evidenza sperarlo ancora. Noi chirurghi siamo obbligati a intervenire comunque, in tutte le emergenze. Riusciamo in molti casi ad aiutare i nostri colleghi anestesisti e riabilitatori a rendere normale la vita dei pazienti, ma per i danni decerebrativi, attualmente, non ci sono rimedi. Perdere zone intere di funzionalità cerebrale non è come perdere un arto o un altro organo. Il cervello non è sostituibile con una protesi. Un’altra cosa fondamentale, soprattutto quando si riportano le notizie, è la terminologia: uno stato vegetativo è cosa ben diversa dal coma. Ora è troppo lungo spiegare, ma confondendo nel definire come coma uno stato vegetativo, si ingenerano dubbi e false speranze”.  www.sherkat.it/

Carmelo Sorbera

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